Umberto Coghetto, morto folgorato a 27 anni. Lo strazio della mamma: «Gli avevo detto che doveva restare a casa, non stava bene ma è andato al lavoro lo stesso»

Chi era l'elettricista, titolare di una ditta, ucciso da una scarica elettrica mentre stava montando una tensostruttura alla Agraria Tocchio di Agna, nel padovano

sabato 8 marzo 2025 di Valeria Lipparini e Laura Bon
Umberto Coghetto, il 27enne morto folgorato

NERVESA (TREVISO) - «Non era stato bene, gli avevo detto di non andare a lavorare. Non mi ha ascoltato e ora non c’è più. Nella mia vita resta, ora, solo dolore e solitudine». Sono queste le parole che ha pronunciato, tra i singhiozzi, Silvia Zambon, la mamma di Umberto Coghetto, morto folgorato a 27 anni, ieri pomeriggio, ad Agna, nel padovano. Ieri pomeriggio, quando è rimasto vittima dell’incidente sul lavoro, stava montando una tensostruttura all'interno della ditta Agraria Tocchio e, secondo le prime ricostruzioni, ha urtato involontariamente i cavi dell'alta tensione.

Sono bastati pochi secondi e per lui non c’è stato più nulla da fare.

Il dolore

I parenti, attoniti, si sono stretti al dolore della mamma e del papà, che ha un’altra compagna e un figlio più piccolo. Era stato il padre ad avviare la ditta familiare, con sede a Nervesa, per poi dismetterla. Un anno fa Umberto aveva deciso di lanciarsi nell’avventura imprenditoriale, abbandonando il lavoro che amava come cuoco nei ristoranti della zona. Aveva aperto la “Br Technology”, con sede a Nervesa e il papà era diventato suo dipendente. Così come era bravissimo a mettere insieme puntualità, rigore ed estro quando era dietro ai fornelli, era riuscito a ridare una identità e una nuova vita a una ditta che aveva perso lo smalto iniziale. «Era apprezzato per la qualità del lavoro che faceva. Solare, divertente, sapeva coinvolgere le persone ed era sempre il primo ad arrivare e l’ultimo ad andare via» raccontano gli amici, con le lacrime agli occhi. E aggiungono: «Era un imprenditore modello ma lo ricordiamo quando faceva il cuoco. Lo aspettavamo in piazza, a Nervesa, al termine del lavoro. Arrivava verso le 23 e la serata ripartiva. Lui era capace di dare una accelerate anche alle serate più stanche, con il suo sorriso buono, mai falso o interessato. Se poteva, aiutava tutti».

Chi era

Aveva studiato all’alberghiero Maffioli perchè amava sperimentare in cucina. «Mai banale, curioso, inventava ricette che avevano carattere. Si distinguevano i sapori e aveva conquistato una fetta sempre maggiore di clienti che era diventata assidua frequentatrice del nostro locale» dicono gli amici che lavoravano, fianco a fianco, con lui alla pizzeria ristorante Charlot di Cusignana. Sono sconvolti e la voglia di parlare è pochissima. Si stenta a mettere insieme un discorso. Poi, l’amicizia che li legava a questo ragazzone buono prevale. Una parola dopo l’altra, con dolore, parlano di una figura carismatica “nel suo vivere da giovane modello, mai una rissa, mai una litigata seria. Alle volte qualche bicchierino se lo faceva anche lui. Era di compagnia. Non possiamo credere che sia rimasto vittima di un incidente sul lavoro. Era scrupoloso, pignolo, quasi maniacale. Metteva attenzione in tutto quello che faceva. Non improvvisava mai nulla» dicono. E si zittiscono perchè parlare di lui, ricordarlo, vuol dire parlare al passato. E loro non riescono ancora a farlo.

«Aveva preso la gioia di vivere dal papà, figura molto conosciuta con il soprannome di Beppe Rock. Il padre suonava per i matrimoni, nelle cerimonie, nei festival. Una passione che non ha mai smesso. Umberto non suonava, la musica la ascoltava, ma era un compagnone» raccontano alcuni parenti. Aveva lavorato anche al ristorante Casa Balbi di Pieve di Soligo dove aveva mosso i primi passi ed era diventato in breve tempo chef di riferimento. Un altro parente, con sofferenza, dice: «Negli anni non aveva mai fatto un incidente». Ne è bastato uno per strappare alla vita questo ragazzo buono e solare.

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