CONEGLIANO (TREVISO) - Tre giorni di festa, memoria e partecipazione: il Raduno Triveneto ha portato a Conegliano oltre 100mila persone. Alla guida della città il sindaco Fabio Chies, che traccia un bilancio dell’evento appena concluso. Tra soddisfazione e orgoglio, c’è spazio anche per una suggestione che comincia a farsi largo: dopo questo successo, qualcuno sogna un’Adunata nazionale.
Sindaco Chies, facciamo un bilancio: come valuta questi tre giorni di Raduno? «Centomila persone, una città in festa, nessun problema di ordine pubblico. Era il sogno che tutti avevamo e che si è realizzato grazie a un’organizzazione meticolosa e alla sinergia di Alpini, istituzioni, forze dell’ordine e associazioni. È stato il centenario che speravamo: un omaggio alla storia delle Penne nere e un grazie collettivo a tutto ciò che rappresentano».
A livello personale, che emozioni ha vissuto? «Una gioia immensa. Ho avuto i brividi in più momenti. Da sindaco è stato un orgoglio offrire alla città questa occasione e restituire agli Alpini, almeno in parte, quello che fanno per noi ogni giorno. E la città ha risposto presente».
Qual è stato, secondo lei, il momento più simbolico del Raduno? «L’Inno nazionale sulla scalinata degli Alpini: è stato commovente vedere tutte quelle persone unite a cantare sotto un’unica bandiera. E poi la sfilata: ordinata, partecipata, piena di colori e orgoglio. Ma i numeri contano fino a un certo punto. La cosa più importante è che siamo riusciti a mantenere intatto lo spirito alpino: stile, sobrietà, senso del dovere. Questa è la vittoria più grande».
Ha parlato spesso di “sicurezza naturale”. Cosa intende? «Quando ci sono gli Alpini, ci sono ordine e rispetto. È un presidio spontaneo, che nasce dal loro modo di essere.
Molti hanno notato la presenza di tanti giovani. È un buon segnale?
«Penso di sì. Gli Alpini stanno facendo un ottimo lavoro con i ragazzi, proponendo campi scuola dove si insegnano regole, tradizione, spirito di gruppo. Chi ha visto la sfilata, magari un figlio o un nipote di un Alpino, credo abbia dentro di sé il desiderio di seguirne l’esempio. L’identità alpina è contagiosa, nel senso più positivo del termine».
Cosa resta ora alla città dopo questo Raduno? «Oltre alla nuova scalinata degli Alpini? (sorride). Restano i monumenti, i pennoni, le bandiere, ma soprattutto resta lo spirito. È qualcosa che continua a nutrire il nostro territorio. E, se lo coltiviamo bene, sarà un esempio anche per i più giovani. Gli Alpini ci insegnano che una comunità è fatta di responsabilità condivise. Mettono il “noi davanti all’io”: credo sia il modo migliore per descriverli».
Qualcuno sogna l’ipotesi di una futura adunata nazionale a Conegliano. C’è qualcosa di vero? «La città non è grandissima, e i numeri delle adunate nazionali sono davvero imponenti. Ma abbiamo dimostrato di avere capacità, struttura e, soprattutto, cuore. È uno scenario affascinante, che non escludiamo. Nei prossimi mesi ci ragioneremo. Dopo un successo come questo, non si può mai sapere».