Raduno Triveneto, il presidente Ana Sebastiano Favaro: «Qui a Conegliano la culla degli alpini»

«Non solo festa, siamo con la comunità. Nel 2024 abbiamo donato 2.7 milioni di ore di lavoro: altro che vino e folklore»

giovedì 12 giugno 2025 di Mattia Zanardo
Raduno Triveneto, il presidente Ana Sebastiano Favaro: «Qui a Conegliano la culla degli alpini»

CONEGLIANO - «Ritrovarci insieme, in un grande spirito di fratellanza che è la base per costruire una vita di convivenza civile e di pace». È il messaggio che Sebastiano Favero, presidente dell'Associazione Nazionale Alpini, rivolge alle "sue" penne nere alla vigilia del Raduno Triveneto in programma da domani a domenica a Conegliano.

Il numero uno dell'Ana naturalmente sarà presente alle manifestazioni, a cominciare dalle cerimonie in onore ai Caduti e, soprattutto, alla grande sfilata di domenica.

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L'INTERVISTA

Presidente che significato ha questo raduno?                                                                                                «È una sorta di piccola Adunata. Data la consistenza della sezioni che fanno parte del 3° Raggruppamento (quello appunto del Triveneto, ndr) e il tradizionale arrivo di alpini anche da altre aree, è sicuramente il momento di maggiore partecipazione dopo l'Adunata. E anche a Conegliano sarà così».

La sezione di Conegliano, nell'occasione, festeggia il centenario di fondazione.                                      «Un altro aspetto molto significativo. Conegliano è culla delle truppe alpine, basti pensare che ha visto nascere tre reggimenti, compreso il 7° Alpini di cui ho fatto parte (sorride, ndr). Insomma, ha nel suo dna la storia alpina».

Gli alpini sono ancora una forza radicata nelle comunità del nostro territorio?                                      «Direi proprio di sì. Il territorio triveneto ha una grande identità alpina. Non solo nelle manifestazioni, come appunto questo raduno, ma nella presenza degli alpini in quasi tutti i comuni e le frazioni. Una presenza non solo simbolica, ma concreta: gli alpini danno un contributo nelle realtà in cui operano, collaborano con le istituzioni, le parrocchie, gli enti locali, sono inseriti appieno nel tessuto sociale».

Lei è di Possagno, anche se, in base alla "geografia" dell'organizzazione alpina, è iscritto alla sezione Montegrappa di Bassano. Da trevigiano vivrà un'emozione in più?                                                      «Essere a Conegliano per me vuol dire essere a casa. E, nonostante sia ormai abbastanza abituato a eventi di questo tipo, ciò conferisce sempre una componente di emozione in più».

A fine maggio è stato confermato per un ulteriore triennio alla presidenza nazionale. Un attestato di stima e una soddisfazione, ma pure una responsabilità.                                                                        «Credo sia stata data fiducia all'impegno messo in questi anni, con l'unico scopo del bene della nostra associazione. Viviamo momenti importanti e complessi per i cambiamenti in corso: da un lato, c'è il tema del nostro operare nel terzo settore, dall'altro, occorre trovare soluzioni concrete per garantire il futuro della nostra associazione».

C'è un progetto centrale del suo mandato?                                                                                          «Continua ad essere quello di una riflessione seria e concreta su un ritorno di un servizio obbligatorio per i giovani. Attenzione: non necessariamente solo di impronta militare. E' però necessario coinvolgere tutti i nostri giovani, per far loro capire che non è tempo sprecato quello speso a favore degli altri. Anche facendo formazione e sapendo stare insieme agli altri. Ho otto nipoti, mi rendo conto di quanto sia difficile far passare questi aspetti: oggi è più facile isolarsi davanti a uno smartphone. Invece, è dal costruire relazioni che si pongono le basi della convivenza civile. Lo vediamo con i campi scuola che organizziamo per i ragazzi dai 16 ai 25 anni: stanno insieme solo per 15 giorni, ma dopo il loro atteggiamento e il rapporto tra loro è cambiato. Non a caso, abbiamo scelto il motto: "Il noi prima dell'io". Questo chi ha fatto la naja, l'ha imparato. Chi non l'ha fatta non sa che non è fondamentale saper usare un'arma, ma soprattutto saper usare la testa e capire gli altri».

Se ne discute da anni. Vede qualche sviluppo concreto?                                                                              «Mi pare che qualcosa si stia muovendo, soprattutto nel senso di creare una riserva di secondo livello, che, ribadisco, non sia solo di specialisti militari. Ma che formi i giovani come supporto, ad esempio, per la protezione civile e la sanità, in modo da poter utili se ci fosse la necessità – speriamo mai – di operare in difesa del nostro territorio e della nostra popolazione, ma soprattutto in tempo di pace».

Nel 2024, gli Alpini dell'Ana hanno destinato in iniziative solidali 2,7 milioni di ore di lavoro per 5,8 milioni di euro di valore economico.                                                                                                                  «È la dimostrazione di ciò che siamo e di cosa facciamo. Qualcuno fa polemica sostenendo che gli Alpini sono solo quelli dell'ombra di vino: la risposta è in questi dati. Facciamo anche festa, certo, perché anche questo vuol dire condividere, ma soprattutto operiamo per la collettività».

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