PORDENONE - Il territorio della provincia di Pordenone copre poco più di duemiladuecento chilometri quadrati. Dentro ci stanno oltre 310mila persone, 130mila famiglie, più di 100mila edifici e 25mila imprese. Numeri che servono a misurare la densità e il respiro di una provincia che alterna pianura e montagna, zone industriali e paesi, centri urbani e versanti che franano. Secondo i dati Ispra una parte del territorio convive con un livello di pericolosità idrogeologica elevato. A far paura, più che i numeri assoluti, è la distribuzione. Il rischio frana, suddiviso in cinque categorie, riguarda in modo più netto la fascia settentrionale, quella che sale verso le Dolomiti friulane. Lì si concentrano le aree a pericolosità molto elevata (P4): 35.676 persone, 204 famiglie, 96 edifici, 210 imprese e 13 beni culturali. Le fasce P3 e P2 seguono il pendio verso sud, come ci si aspetta da un dissesto che risponde alla geografia. In queste aree, secondo la Regione, i fenomeni sono più frequenti oltre i 500 metri di quota, lungo i corsi d'acqua in pendenza o nei punti dove il terreno passa da più compatto a più friabile. I livelli di pericolosità sono legati anche al tempo di ritorno: le aree classificate come P3 corrispondono a eventi attesi ogni 20–50 anni, P2 ogni 100–200 anni, P1 ogni 300–500 anni. A livello provinciale, sono state censite 1.099 frane, che vengono suddivise per tipologia di movimento: in un terzo dei casi si tratta di crolli o ribaltamenti diffusi, seguiti da scivolamenti (23,8%), crolli localizzati (17,5%), frane superficiali (11,3%), colamenti rapidi (9,9%) e colamenti lenti (1,7%). Non c’è una linea netta che separa la zona sicura da quella esposta. I confini seguono la pioggia, la pressione del suolo, i lavori a monte. Il territorio si muove. Pordenone, Azzano Decimo, San Vito al Tagliamento non rientrano nelle zone classificate come critiche. Ma il rischio cambia forma.
INONDAZIONI
L’analisi sul rischio alluvioni si basa su tre scenari: P3 (eventi più frequenti ma meno gravi), P2 (intermedio), P1 (scenario massimo atteso). Il primo coinvolge 17.144 persone e 4.999 edifici, distribuiti su 419 chilometri quadrati. Il secondo sale a 23.880 persone, 2.258 famiglie, 1.709 edifici e oltre 23.000 imprese. Il terzo, che rappresenta l’estensione massima teorica delle aree inondabili, comprende 276 chilometri quadrati e 7.296 abitanti. Le tre fasce non si sommano: lo scenario più ampio ingloba gli altri due. A cambiare è la probabilità che l’acqua arrivi. Per fortuna è la geologia stessa a limitare la propria instabilità: i depositi alluvionali recenti, la bassa pendenza e la presenza di rocce più compatte fanno sì che il rischio prevalente non sia la frana ma l'esondazione. Nella fascia pedemontana e pianeggiante del territorio pordenonese il suolo è formato in gran parte da terreni depositati dai fiumi e da rocce più compatte rispetto a quelle che si trovano in montagna. Questo rende l'area meno soggetta a frane, perché il terreno tiene meglio e la pendenza è più dolce. Il pericolo qui non viene tanto dal cedere della terra quanto dall'acqua che, in certe condizioni, può uscire dagli argini e invadere zone abitate o coltivate, soprattutto dove il deflusso è rallentato.
PATRIMONIO
Dentro questo tracciato c'è anche il patrimonio storico. I beni culturali rilevati da Ispra nel territorio sono 826. Di questi, una parte è esposta a rischio frana o alluvione, a seconda della posizione. Molti si trovano lungo reticoli minori o in aree marginali, dove il rischio cresce con l’abbandono e l’assenza di manutenzione. Nelle aree a pericolosità molto elevata (P4) si trovano 13 beni culturali, uno solo in P3. Ma sono 52 quelli localizzati in P2, una fascia più ampia e meno critica.