Il nuovo rapporto Ispra conferma un dato già noto, ma lo aggiorna con cifre più precise: la provincia di Pordenone è solo in parte esposta a un rischio idrogeologico significativo. Frane e alluvioni non mancano, ma si concentrano in zone circoscritte, legate alla morfologia del territorio. I numeri sono cambiati rispetto al passato, in alcuni casi si sono ridimensionati.
L'ultimo aggiornamento, riferito al 2024, dice che in provincia sono state censite 1.099 frane, pari a circa 0,48 episodi ogni chilometro quadrato. Si tratta del valore più basso tra le province del Fvg. La porzione di popolazione potenzialmente esposta a rischio frana elevato o molto elevato è di 303 persone, pari allo 0,1% dei residenti. In tutto il territorio, le famiglie interessate sono 157, gli edifici 333 (ossia lo 0,2% del totale), le imprese 22 (lo 0,1%). Otto sono i beni culturali classificati come vulnerabili, su un totale di 898 presenti in provincia. La densità è pari a circa 0,39 beni ogni chilometro quadrato. Il rischio maggiore si concentra nella fascia settentrionale della provincia, lungo la direttrice che sale verso le Dolomiti friulane. È lì che la morfologia si complica: pendii scoscesi, boschi, torrenti che scavano il terreno e una geologia instabile per natura. I fenomeni di dissesto si distribuiscono secondo logiche topografiche: più si sale, più aumentano le possibilità di movimento del suolo.
Pianura
Ma anche in pianura, dove la pendenza è dolce e il terreno compatto, il pericolo non è assente. Cambia solo forma. Le frane non colpiscono solo edifici e abitazioni: in diversi casi possono interessare strade locali o tratti di rete infrastrutturale, con interruzioni temporanee della viabilità e necessità di interventi di contenimento. Nel pordenonese, il problema piuttosto si chiama acqua.
La mappa
A livello regionale, le frane interessano il 6,6% della superficie, un dato che riflette una fragilità distribuita a macchia di leopardo su tutto il Fvg. In confronto, province come Udine registrano oltre dieci volte il numero di abitanti esposti al rischio, mentre Trieste e Gorizia mostrano valori percentuali più elevati rispetto alla popolazione residente. Se in montagna la terra può cedere, in pianura è il deflusso a rallentare. E in caso di eventi estremi, quando piove molto e in poco tempo, anche i corsi d'acqua minori possono invadere le zone abitate o coltivate. Parte delle frane censite risale a decenni fa: alcune sono attualmente stabilizzate, altre ancora attive.
È il segno di una convivenza storica con l'instabilità, che spesso viene sottovalutata nei comuni più piccoli o in aree rurali. Le frane, secondo la classificazione tecnica, si dividono in sei categorie: crolli o ribaltamenti (circa un terzo dei casi), scivolamenti (23,8%), crolli localizzati (17,5%), frane superficiali (11,3%), colamenti rapidi (9,9%) e colamenti lenti (1,7%). Anche questi dati, pur tecnici, aiutano a costruire un'immagine più chiara: il rischio esiste, ma si manifesta in modo puntuale, non sistemico. A livello di patrimonio, i beni culturali censiti nel territorio pordenonese sono 898. Quelli potenzialmente coinvolti da fenomeni franosi sono otto. Qui emerge un altro nodo del problema: l'abbandono. Molti edifici storici si trovano in aree periferiche, lungo reticoli minori o in piccoli centri in calo demografico. Dove manca manutenzione, aumenta la vulnerabilità. Non c'è una linea netta tra la zona sicura e quella critica.