Il giorno dopo l’esito referendario, la premier e leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni affida ai social il suo affondo con un selfie che la ritrae con la faccia di chi sta per scoppiare a ridere. «Elly Schlein dice che i voti del referendum dicono no a questo Governo...», si limita a scrivere, lasciando che a parlare sia l’espressione del suo volto. Intanto da FdI assicurano che per ora di toccare l’istituto referendario non se ne parla, le priorità adesso sono altre. A partire dalle elezioni regionali d’autunno, con Puglia, Toscana, Campania, Marche e Veneto al voto e il timore che il fronte progressista abbia la meglio - un 3 a 2 che potrebbe trasformarsi in un 4 a 1 - su quelle che, per il governo, suonano come elezioni di mid-term. Il Veneto è dato per blindato, ma con quale candidato governatore? Da Fratelli d’Italia, attraverso il responsabile nazionale dell’Organizzazione Giovanni Donzelli, c’è stata una apertura al terzo mandato, ipotesi che rimetterebbe in pista Luca Zaia in Veneto ma anche il dem Vincenzo De Luca in Campania.
Una possibilità che in Veneto fa discutere: perché Fratelli d’Italia, primo partito nella regione sia alle Politiche 2022 e ancora più alle Europee 2024, dovrebbe consentire a Zaia di recuperare consensi alla Lega? Perché i meloniani dovrebbero “regalare” seggi ai leghisti? Ci sarebbe, poi, un problema di natura tecnica: una riforma delle legge elettorale per togliere il blocco dei due mandati portandoli a tre, sarebbe possibile con la decretazione d’urgenza? E se si procedesse con legge ordinaria, ci sarebbero i tempi per l’approvazione in Parlamento entro agosto/settembre o si sarebbe invece costretti a rinviare le elezioni alla primavera 2026, magari puntando ad un election day con i Comuni? Ma al di là della data, resta la domanda: perché Giorgia Meloni dovrebbe non solo rinunciare alla presidenza del Veneto, che nel caso sarebbe la prima Regione del Nord a guida FdI, ma anche a ridurre il numero degli eletti visto che il “governatore più amato d’Italia” non potrà che aumentare i consensi al proprio partito?
Gli scenari
«Significherebbe che FdI continuerebbe ancora, per anni, a stare alla finestra», è il commento che va per la maggiore nel centrodestra.
Le motivazioni
Eppure in casa di Fratelli d’Italia l’ipotesi non è assolutamente esclusa. Anzi, viene data come una reale possibilità. Per vari motivi. Primo: Luca Zaia è politico autorevole, come nel 2020 potrebbe pescare voti anche nel fronte opposto. Secondo: se messo in un angolo potrebbe diventare rischioso, Giorgia Meloni dovrebbe preoccuparsi non solo di Salvini, ma anche dell’ex governatore. Terzo: Zaia farebbe il presidente per un solo mandato, se invece si candidasse un altro leghista la prospettiva sarebbe di lasciare Palazzo Balbi alla Lega per altri dieci anni. E i rapporti di forze in consiglio regionale? I meloniani sono convinti che Zaia in Veneto porterà sì voti alla Lega, ma non come nel 2020 e non sarebbe comunque più autosufficiente, tanto che l’ipotesi è: FdI 20-25%, Lega 20-30%, FI 5-6%. Insomma, non sarebbe più un monocolore.