Natalità, dopo il parto una donna su 5 lascia il lavoro: esodo da fermare anche per salvare le pensioni

L'occupazione delle donne nella fascia di età tra 20 e 49 anni e che hanno un bambino di età inferiore a 6 anni è solo del 55 per cento

lunedì 7 luglio 2025 di Andrea Bassi
Natalità, dopo il parto una donna su 5 lascia il lavoro: esodo da fermare anche per salvare le pensioni

Il declino demografico italiano sembra inarrestabile.

Lo scorso anno le nascite hanno toccato il livello più basso di sempre, solo 370 mila culle. Quest'anno andrà probabilmente pure peggio. Nei primi tre mesi, rispetto al già catastrofico 2024, si sono registrati 10 mila nati in meno. Delle cause di questo avvitamento si è discusso tantissimo. La crisi delle nascite ha ridotto il numero di donne in età fertile, il primo figlio arriva troppo tardi, ormai a quasi 33 anni e, infine, ci sono ragioni culturali che portano un pezzo dell'universo femminile a non considerare più la maternità come una prospettiva. Non è un problema solo italiano. La Ragioniera generale dello Stato, Daria Perrotta, la prima donna a ricoprire questo incarico, ha ricordato che in Corea del Sud le donne escono indossando un bigodino per comunicare che non sono in cerca di un marito. Se il contesto è questo, è lecito domandarsi se esistano leve manovrabili dal governo in grado di invertire la tendenza delle nascite. L'assegno unico, su cui vengono investiti ogni anno 22 miliardi, al momento non ci è riuscito. E nemmeno i bonus una tantum, come quello da mille euro per i nuovi nati. Cosa resta allora? Servirebbe una cura choc. Da tempo il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, avanza delle proposte. Aveva iniziato con "zero tasse" per le famiglie dal secondo figlio in poi. Un anno fa, alla vigilia della legge di Bilancio, aveva indicato la necessità di «cambiare le regole delle detrazioni fiscali, nel nostro Paese, e, a prescindere dai redditi, dare la possibilità a chi ha più figli a carico di pagare meno tasse, anche a costo di eliminare o rivedere alcune detrazioni fiscali alle persone che non hanno figli per aumentarle invece a chi fa figli». Più tasse per i single, era stata la traduzione di quella proposta. In realtà era più propriamente un "quoziente familiare" per le detrazioni, poi parzialmente inserito nella manovra, ma solo come "ammorbidimento" di un taglio degli sconti fiscali per i contribuenti con redditi a partire da 75 mila euro. Una norma di risparmio: se hai figli ti taglio le detrazioni un po' meno che a un single. La scorsa settimana intervenendo nella Commissione parlamentare sulla transizione demografica presieduta da Elena Bonetti, Giorgetti ha proposto (immaginiamo in vista della prossima legge di Bilancio), nuove misure. E in particolare ha parlato di «specifiche detrazioni che indirettamente» influenzino «l'offerta di lavoro femminile». Si tratta di una dichiarazione d'intenti importante.

LE STATISTICHE

Le statistiche dicono che una donna su cinque dopo la nascita di un figlio lascia il lavoro. L'occupazione delle donne nella fascia di età tra 20 e 49 anni e che hanno un bambino di età inferiore a 6 anni è solo del 55 per cento. Nei nuclei familiari non di rado viene presa la decisione di "sacrificare" lo stipendio della donna, generalmente più basso di quello dell'uomo, per sopperire ai servizi mancanti, come gli asili nido. L'idea di Giorgetti, se ben attuata e adeguatamente finanziata potrebbe avere effetti benefici sulla natalità, sulle famiglie e sui conti pubblici. La sua declinazione dovrebbe essere di una sorta di "superbonus per le mamme". Una maxi detrazione crescente in base al numero dei figli, in grado di detassare completamente o quasi, lo stipendio delle lavoratrici. Qualcosa nel solco di quanto già fatto, a fatica, con la decontribuzione per le mamme con due e tre figli (che però ha solo aggiunto 40 euro mensili al reddito nel primo caso e poco più di 150 nel secondo). Un superbonus consistente per le mamme, invece, consentirebbe di aiutare le lavoratrici a tornare al lavoro dopo la nascita di un figlio grazie alla maggiore disponibilità finanziaria, a riequilibrare i carichi familiari con la componente maschile e, soprattutto, aiuterebbe i conti pubblici e la sostenibilità del sistema previdenziale. Nei prossimi quindici anni verranno a mancare per la denatalità circa 3 milioni di lavoratori.Più che dall'immigrazione, questi posti potrebbero essere coperti aumentando la partecipazione femminile al lavoro. Contemporaneamente sostenendo le donne che per ragioni economiche si fermano al primo figlio, a pensare anche a un secondogenito. Aiutando le mamme aiutiamo noi stessi. L'Italia ha speso centinaia di miliardi per cambiare caldaie e dipingere le facciate dei condomini. Le lavoratrici e i loro figli valgono di più.

 

Ultimo aggiornamento: 12:14 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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