Il telescopio sottomarino a caccia di neutrini: catturato un segnale da 3.500 metri di profondità

Captato un segnale mai percepito prima, con un’energia di 120 quadrilioni di elettronvolt

giovedì 20 febbraio 2025 di Cesare Bonifazi
Il telescopio sottomarino a caccia di neutrini: catturato un segnale da 3.500 metri di profondità

Da qualche parte nell’universo, ben oltre i confini della nostra galassia, è successo qualcosa di straordinario. Un cataclisma cosmico – un buco nero supermassiccio, un’esplosione stellare titanica – ha scagliato nello Spazio una particella minuscola, invisibile, ma incredibilmente potente: un neutrino ultra-energetico.

Ha viaggiato indisturbato, dopo aver attraversato le profondità cosmiche, superando stelle e pianeti senza che nulla potesse fermarlo. Poi, un giorno, è successo l’impensabile: il neutrino ha colpito qualcosa. Non un asteroide, ma una molecola d’acqua nel Mar Mediterraneo, al largo delle coste della Sicilia.

A intercettarlo un potente rilevatore che si trova nelle profondità del mare. Questo neutrino non era come gli altri. Era il più veloce, il più potente mai rilevato sulla Terra.

UN CONCENTRATO D’ENERGIA

«Parliamo di una energia relativa rispetto alla misura della particella», spiega Luigi Fusco, ricercatore di astrofisica nucleare dell’Università di Salerno che fa parte del team di ricerca che comprende 360 scienziati e studenti di 68 istituzioni da 21 Paesi di tutto il mondo. Fusco è il responsabile delle simulazioni computazionali: ovvero calcola in che modo potrebbero apparire le interazioni del neutrino, calcola la sua ipotetica energia e cerca di capire la sua origine.

Luigi Fusco, ricercatore di astrofisica nucleare dell’Università di Salerno

«Abbiamo rilevato un neutrino che ha una quantità di energia enorme per essere una particella così piccola: parliamo dell’energia pari a quella generata da una pallina da ping pong che cade da un tavolo di un metro. Bisogna considerare che la pallina è composta da centinaia di milioni di miliardi di particelle mentre il neutrino ha una massa che è vicina allo zero. In gergo tecnico “diversa da zero”». Siamo abituati a pensare alla materia come solida e tangibile ma i neutrini ci smentiscono. Ogni secondo, miliardi di loro ci attraversano — sì, proprio ora — senza che ne sentiamo il minimo effetto. Sono particelle quasi prive di massa e totalmente indifferenti a qualsiasi ostacolo. Non li fermano i muri, non li deviano i campi magnetici, non si fanno impressionare nemmeno dai buchi neri. Insomma, sono gli 007 della fisica delle particelle. Eppure, ogni tanto, succede qualcosa di raro: un neutrino si scontra con un atomo, generando una debole scia luminosa chiamata radiazione Cherenkov: dura una quantità di tempo infinitesimale e si muove per un centinaio di metri. Una luce molto flebile che ha bisogno di un mega sensore per rilevarla. «Una di queste particelle – spiega Fusco – ha interagito con un protone dell’acqua generando quello che in termini scientifici sia chiama “un muone”, ovvero una versione pesante dell’elettrone».

IL MEGA TELESCOPIO

L’eroe di questa storia non è solo il neutrino, che ha attraversato indisturbato 30 chilometri di mare e 100 di roccia, ma anche l’osservatorio che l’ha catturato: Arca, un gigantesco rivelatore piazzato a 3. 500 metri di profondità al largo della Sicilia. Quando il neutrino ha interagito con una particella d’acqua, i sensori di Arca hanno captato un segnale mai visto prima: un’energia di 120 quadrilioni di elettronvolt. Tanto per farsi un’idea: è 10mila volte più potente delle particelle accelerate nel Large Hadron Collider di Ginevra (l’acceleratore più potente al mondo) e un quadrilione di volte più potente della luce visibile. «Un risultato sorprendente – spiega il ricercatore – se si considera che il rilevatore sarà completato nel 2030 ed è attivo solamente al 10%. Eravamo nel posto giusto al momento giusto». Arca è costituito da “catene” di sensori ottici ancorate al fondo del mare, con boe che tengono le catene tese a grande profondità. In ogni unità di rilevazione ci sono poi 18 sfere (i moduli ottici), dentro a ciascuna delle quali ci sono altri sensori di luce altamente sensibili che devono registrare queste interazioni che durano qualche nanosecondo. Attraverso le fibre ottiche la rilevazione è arrivata a Portopalo di Capo Passero dove una farm di computer filtra i dati. Il telescopio per neutrini, chiamato KM3NeT, attualmente in costruzione, è una gigantesca infrastruttura in acque profonde distribuita su due rilevatori: Arca, appunto, e Orca. È dedicato principalmente allo studio dei neutrini di più alta energia e delle loro sorgenti nell’universo. La collaborazione su KM3NeT è internazionale e il contributo dell’Italia è coordinato dall’Infn, Istituto nazionale di Fisica nucleare, e coinvolge atenei come Sapienza ma anche quelli di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Napoli, Padova e un gruppo dall’Università di Salerno di cui fa parte il dottor Fusco.

L’ORIGINE MISTERIOSA

Gli scienziati non hanno ancora una risposta definitiva sulla provenienza del neutrino, ma i sospetti ricadono su alcuni possibili colpevoli: enormi buchi neri supermassicci, così potenti da lanciare getti di energia nello Spazio Oppure un’esplosione stellare, di quelle che fanno tremare l’universo e creano elementi come l’oro e il platino. «Tramite i nostri strumenti sappiamo la direzione di arrivo del neutrino – continua Fusco – ma non siamo in grado ancora di stabilire da dove è partito. Dalla direzione da cui proveniva ci sono diverse sorgenti ma ancora non sappiamo la sua origine». Ci piace pensare che quando è partito, il nostro Sole non esisteva ancora e che la Terra non era altro che polvere cosmica. Questo neutrino è la prova che possiamo considerare queste particelle come messaggeri cosmici, capaci di raccontarci storie che nessun telescopio potrebbe mai vedere. Le loro proprietà potrebbero avere applicazioni anche pratiche, come il monitoraggio di reattori nucleari e lo sviluppo di nuove tecnologie di comunicazione.

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