PADOVA - Da quando a metà luglio si erano verificati i primi casi di West Nile, a fine estate tra città e provincia ci sono stati 57 casi di febbre del Nilo, di cui 31 nella sola forma febbrile, 19 nella forma neuroinvasiva e 7 casi asintomatici in donatori di sangue individuati durante i controlli effettuati su tutti i donatori. In 3 casi, la West Nile, ha ucciso tre persone: l'ultima il 3 settembre quando a causa della puntura della zanzara è morta una donna di 84 anni residente a Polverara e da tempo ricoverata nel reparto di geriatria dell'ospedale di Piove di Sacco. Non solo febbre del Nilo, perché nel Padovano si sono verificati anche 22 casi di Dengue, tutti di importazione da Paesi Tropicali per viaggi di lavoro o di piacere. Scoperti e archiviati anche 6 casi di Toscana Virus e 5 di Tbe, la meningoencefalite da zecche.
Il commento
Numeri che sono il frutto del bilancio tracciato dal Dipartimento di Prevenzione dell'Ulss 6 sulle arbovirosi, le malattie causate da virus trasmessi da vettori artropodi, come zanzare e zecche. «Anche quest'anno abbiamo registrato numerosi casi di arbovirosi: un elevato numero di Dengue importate e anche la West Nile commenta il dottor Luca Sbrogiò, direttore del Dipartimento di Prevenzione dell'azienda sanitaria euganea seppur in misura molto inferiore rispetto a due anni fa, si è configurata come un fenomeno importante. L'estate volge al termine e abbiamo ormai la certezza che non si ripresenteranno i dati del 2022 quando nel Padovano si verificarono quasi trecento casi di West Nile, con esordio anticipato a metà maggio, e 13 decessi. L'argomento rimane sempre rilevante per quanto concerne la sanità pubblica: oltre all'impegno delle istituzioni in termini di monitoraggio, controlli, diagnosi tempestive, terapie, disinfestazioni conclude Sbrogiò non bisogna dimenticare mai la protezione individuale con i repellenti».