Luca Zaia: «Il regionalismo oggi è modernità. Il mio successore? Ci vorrà qualche mese»

Il governatore del Veneto: «Così diminuiscono le catene decisionali e si delegano competenze ai territori. Elezioni, il vero protagonista dovrà essere il popolo veneto»

sabato 17 maggio 2025 di Alda Vanzan
Luca Zaia: «Il regionalismo oggi è modernità. Il mio successore? Ci vorrà qualche mese»

VENEZIA - Dal 18 al 20 maggio Venezia ospiterà la quarta edizione del Festival delle Regioni. Il padrone di casa, Luca Zaia, darà il benvenuto al presidente Sergio Mattarella, alla premier Giorgia Meloni, ai colleghi governatori, ai ministri.

Ma a cosa servirà questa iniziativa? «Il Festival delle Regioni e delle Province Autonome - risponde Zaia - è la rappresentazione concreta di un'Italia che sa fare squadra e valorizzare le proprie eccellenze. E siamo orgogliosi che, quest'anno, la quarta edizione di questo importante appuntamento si tenga proprio qui, nel cuore della nostra Regione. Sarà l'occasione per fare il punto su molti provvedimenti, per parlare in prospettiva di leggi che potranno essere utili ai cittadini, ma sarà anche un luogo di confronto con il governo».

C'è un tema particolare che affronterete?
«Ce ne sono parecchi, ma il regionalismo, con le sue diverse declinazioni, resta il mantra. Perché per me e per molti altri governatori significa autonomia, federalismo reale. Come ricorda anche la Corte Costituzionale nelle sue sentenze, il regionalismo dobbiamo coltivarlo e farlo crescere».

Converrà che le Regioni non sono più così interessanti per i cittadini elettori: alle prime elezioni, nel 1970 e nel 1975, si raggiunse il 94-95 per cento di affluenza alle urne, ora si è molto al di sotto.
«Sono gli stessi dati delle elezioni politiche, un calo di affluenza che tocca non solo l'Italia, ma tutti i paesi. All'epoca della nascita delle Regioni votare era anche l'unico modo di esprimersi e soprattutto c'era lo scontro tra i due blocchi, quello comunista e quello democristiano. Oggi il regionalismo è modernità, lo possiamo chiamare federalismo, autonomia, la verità è che si diminuiscono le catene decisionali, si delegano competenze ai territori. Un esempio su tutti, la sanità, la prova provata di un regionalismo che funziona».

Dal referendum del 2017, però, l'autonomia ancora non si è vista. A che punto siamo?
«Se mi avesse fatto questa domanda nel 2015, avrei detto: stiamo aspettando la Consulta per fare il referendum. Nel 2010, poi, quando ho iniziato il mandato di presidente di Regione, l'autonomia era un tabù. Oggi c'è una legge che il Parlamento ha approvato ed è normale parlare di autonomia nell'agenda del Governo. Stiamo lavorando seriamente assieme al ministro Calderoni e al Governo perché già con la prima delega, la Protezione civile, ci sia un'autonomia fattiva, a beneficio dei cittadini».

Quando arriverà l'Autonomia lei non sarà più presidente, la Consulta ha detto no al terzo mandato dei governatori. Una sentenza che lei non condivide.
«Io sono contro il blocco dei mandati a 360 gradi, peraltro il modello regionale e quello comunale di elezione sono vincenti perché danno governabilità, il cittadino sceglie il suo sindaco e il suo governatore e se vuole li manda a casa. Dire che si creano centri di potere, lo trovo inaccettabile. E dovrebbero spiegare perché nelle Regioni a statuto speciale questo "rischio" non c'è».

Poteva far modificare lo statuto e tornare all'elezione indiretta.
«Secondo me non è quella la via, non si può togliere la facoltà di scelta al cittadino. Sia chiaro, io tifo perché Fedriga, Fugatti e tutte le Regioni a statuto autonomo abbiano la loro autonomia sulle loro leggi elettorali. Ma la disparità di trattamento c'è».

A Venezia arriveranno Mattarella e Meloni, avrete l'occasione anche per parlare di elezioni. Ci si domanda: chi dopo di lei? Un leghista o un fratello?
«Intanto diciamo che ho voluto con forza questo appuntamento e sono onorato di ricevere il presidente della Repubblica, il presidente del Consiglio, i colleghi governatori, i ministri. Per tre giorni il Veneto sarà sotto i riflettori. E ho voluto che fosse a Venezia perché Venezia deve diventare sede di summit internazionali».

Ma a margine parlerete del suo successore?
«Io non sono ricandidabile, quindi spetta alle segreterie dei partiti decidere la candidatura. Certo, io dirò la mia. Ma sono anche convinto che l'attore protagonista di queste scelte non debba essere la politica, ma il popolo veneto».

Quando ci sarà una decisione?
«Ho l'impressione che ci vorrà ancora qualche mese. E poi siamo in un paese nel quale può accadere di tutto. Di sicuro la scelta del mio successore non sarà collegata al mio futuro, a quello che farò io. E comunque di tutto questo non si parlerà con Mattarella e Meloni, con i quali ho ottimi rapporti e sono onorato che vengano in Veneto».

Ultimo aggiornamento: 18:50 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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