Ovs (in controtendenza) investe nei centri storici, Di Virgilio: «Il cliente ha bisogno di ritrovare la salumeria sotto casa». L'esempio di Dolo

Il marchio di abbigliamento Ovs ha scelto di investire sui centri storici

sabato 2 novembre 2024 di Tomaso Borzomì
Ovs (in controtendenza) investe nei centri storici, Di Virgilio: «Il cliente ha bisogno di ritrovare la salumeria sotto casa». L'esempio di Dolo

VENEZIA - In controtendenza a una "moda" per cui i negozi di prossimità scappano dai centri storici, c'è chi invece ci scommette. E lo fa con contezza, forte dei conti e della redditività che ogni locale produce. Il marchio di abbigliamento Ovs ha scelto di investire sui centri storici. Da strategia aziendale, come spiega il direttore delle vendite globali Carmine Di Virgilio, centri commerciali e centri storici possono coesistere. «Svantaggi nei centri storici non ce ne sono, la distribuzione moderna è fatta di più ambiti, come centri commerciali, i cosiddetti "retail park" (cioè un insieme di attività che si uniscono all'aperto più o meno vicine a un centro commerciale) e i centri storici», spiega il dirigente aziendale.

Ovs in centro città

Del resto, la storia insegna che le vendite si sviluppano a partire dai luoghi di aggregazione: «La nascita del commercio è avvenuta nei centri città, poi l'evoluzione ha portato ad agglomerare i negozi in attività dove c'era di tutto dentro».

Da lì è però emersa un'alternativa: «Ovs ha già una forte distribuzione nei centri città, storicamente abbiamo sempre creduto in questo, perché sono realtà di aggregazione importantissime, poi sono venuti i centri commerciali, ma stare in città consente di passeggiare, vivere la città, dare lavoro a chi vuole restare. E a prescindere dai centri commerciali, che non sono un'alternativa». Parlando della sue esperienza, Di Virgilio prosegue: «Il centro cittadino è una delle attività più importanti che esistono in Italia. Altri Paesi faticano a viverli, ma qui sono sempre esistiti. In Veneto abbiamo negozi che stiamo ristrutturando, come Dolo, che è un "centro paese". Magari in questi casi è più difficile trovare grandi superfici, ma le opportunità ci sono». Per avere successo serve un "ingrediente" in più: «L'isolamento non va bene, servono più attività perché il cliente ha bisogno di trovare la salumeria, il barbiere, il negozio di elettronica. Noi ci crediamo, tanto che circa il 40 per cento dei nostri negozi è in centro». Resta il problema dei costi, che in una realtà come la laguna non sono proprio canoni da poco: «Un costo è sempre commisurato alle potenzialità. A Venezia è vero che l'affitto è alto, ma anche l'afflusso lo è. Si ripaga. Tutti i nostri negozi sono in redditività, dobbiamo esser bravi a convertire il flusso di traffico in scontrino. E a Venezia siamo soddisfatti. Anche perché ci sono centri commerciali fortissimi che proporzionalmente sono cari». Da ultimo, il direttore conclude spiegando come fare a mantenere vivo il tessuto cittadino: «Offrire più servizi, più se ne danno, più il centro vive. È l'unico modo per non spopolare le città, Venezia ha un richiamo mondiale, la gente vuole i musei, le bellezze, ma anche qualcosa di italiano».

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