Cittadinanza, raccolte 15mila firme per fermare il decreto Tajani. Gli oriundi: «Anni buttati, ridateci i soldi»

In queste ore la delusione e l'irritazione rimbalzano da Brasilia a San Paolo, da Rio de Janeiro a Curitiba, da Belo Horizonte a Recife

domenica 30 marzo 2025 di Angela Pederiva
Cittadinanza, raccolte 15mila firme per fermare il decreto Tajani. Gli oriundi: «Anni buttati, ridateci i soldi»

Ieri sera su Change.org aveva superato quota 15.000 sottoscrizioni la petizione "Ripudio al d.l. Tajani" lanciata da Fabiola Leardini, «nata e cresciuta in Brasile, bisnipote di Alessandro Leardini, nato a Zevio (Verona) l'1 giugno 1886, appena 4 anni quando arrivò in Brasile con i suoi fratelli...». Così si presenta la promotrice, che ora vive in Italia ma con le nuove regole non potrebbe ottenere il riconoscimento della cittadinanza per discendenza, se non avesse presentato la richiesta entro il 27 marzo 2025, motivo per cui sollecita «il ritiro immediato del decreto» e «il mantenimento delle attuali disposizioni». A firmare sono soprattutto gli oriundi brasiliani, i quali venerdì hanno ricevuto dai Consolati generali d'Italia la comunicazione che «tutti gli appuntamenti e le procedure per il riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis, in qualsiasi fase di lavorazione, sono sospesi», in attesa che il servizio venga riorganizzato «in seguito ai cambiamenti».

La delusione

In queste ore la delusione e l'irritazione rimbalzano da Brasilia a San Paolo, da Rio de Janeiro a Curitiba, da Belo Horizonte a Recife.

Tuttavia a catalizzare l'indignazione è soprattutto la sede diplomatica di Porto Alegre, capitale del Rio Grande do Sul, dove almeno mezzo milione di veneto-brasiliani parlano il taliàn. Magari hanno perso qualche accento o qualche doppia, ma i cognomi di chi protesta (in portoghese) rivelano chiare origini nordestine: Daltoe, Mondin, Catelan, Furlan... Ad esempio Pablo Mazzotti chiede: «Questo è il regalo dell'Italia a 150 anni di emigrazione?». Olga Orlandini Cavalcante confida: «Sono desolata, frustrata e indifesa. Dopo più di un decennio di fila, avendo proceduto secondo tutti i protocolli del Consolato, e già consegnato i documenti con le dovute tasse, una notizia del genere è troppo frustrante». Marlon Gasperin prova ad incoraggiarla: «Se hai consegnato la documentazione è probabile che la tua cittadinanza sia già approvata». Tânia Bigolin non ci crede troppo: «Voglio sapere se restituiranno i soldi, pagati in euro, per le commissioni addebitate alla consegna dei documenti. Visto che gli stessi sono stati fatti e pagati 2 volte in 11 anni di attesa. O volete sospendere tutto e intascare i soldi dei discendenti?». Isabela Fiore Cappa Romano dice di aver speso finora 20.000 real, più o meno 3.200 euro: «Sono nipote di un italiano. Con mia madre e con mia figlia eravamo pronte per consegnare i documenti il 29 aprile. Ho ricevuto oggi la mail che cancella il mio appuntamento... che terrore. Mia madre ha quasi 80 anni, ha pianto, voleva solo onorare il passato di suo padre».

 

Le radici

Più di qualcuno rivolge insulti al ministro Antonio Tajani e alla premier Giorgia Meloni, inondandone le rispettive pagine social. Alexandre Casagrande invita tutti alla moderazione: «Per favore, non parliamo male dell'Italia, è la nostra radice familiare e la nostra seconda madrepatria». Regina Sbrogio cerca di far ragionare chi contesta il decreto: «Il problema è che è diventato un commercio. Agenzie che incassano un sacco di soldi, ne ho visitata una il cui avvocato opera in Italia e la rete aziendale in Brasile incamera 35.000 real. Assurdo». Diversi legali specializzati nella "cidadania italiana" intervengono nelle conversazioni per raccomandare la calma. Ad esempio Andrea Ferreira: «Questo decreto non ha la forza costituzionale per cancellare il diritto acquisito di chi non ha ancora presentato la richiesta. Può creare ostacoli amministrativi, ma non può invalidare un diritto di nascita». La battaglia è appena cominciata. 

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