Claudia Cassan, 46 anni, spilimberghese, è alla guida di Manpower Europe. Una carriera brillante, quella di Claudia, tutta interna all'azienda americana, nata negli Usa nel 1948, presente in Italia da 30 anni con oltre 200 filiali sul territorio nazionale, iniziata proprio nella filiale di Spilimbergo in cui Cassan era entrata 25 anni fa.
Iniziamo raccontando che cos'è Manpower.
«È una delle principali aziende globali che operano nel settore delle risorse umane.
Come arriva Claudia a Manpower?
«Quasi per caso. Sono di Spilimbergo, qui ho frequentato le scuole elementari, mi sono diplomata al liceo scientifico di Maniago e poi mi sono spostata a Trieste per la laurea e il master. Mentre studiavo ho fatto un'esperienza in una banca e, completati gli studi, il primo agosto 2001, ho iniziato a lavorare nella filiale di Spilimbergo di Manpower non sapendo nemmeno bene che cosa mi si poteva prospettare ma mi piaceva la mission: dare lavoro alle persone. Per un anno mi sono occupata della selezione del personale della filiale e alla fine di quel primo anno sono stata promossa responsabile della sede. Un anno e mezzo più tardi sono diventata responsabile per la provincia di Pordenone, quindi capoarea del Fvg, poi responsabile Nord Est, dopo ancora capo area della divisione ricerca personale permanente. Nel 2015 sono entrata nella direzione di staff a Milano e successivamente ho guidato Talent Solutions, azienda del gruppo. A fine 2017 sono stata nominata direttore commerciale di Manpower Italia. Nel 2020 mi hanno proposto una posizione internazionale, che ho accettato, e nei successivi 4 anni sono stata responsabile della ricerca e selezione in oltre 10 Paesi del Nord Europa, dal primo gennaio 2025 sono diventata responsabile di Manpower Europe e rispondo alla corporate negli Usa».
Essere donna, un limite o un'opportunità?
«A mio avviso un'opportunità, ma sono convinta che ciò che conta davv
Quali diversità tra i mercati di lavoro europei?
«I mercati di lavoro in Europa differiscono notevolmente a causa di fattori storici, economici, normativi e culturali. I paesi nordici adottano il modello della flexicurity, combinando flessibilità lavorativa con forti tutele sociali. L'Europa del sud presenta mercati del lavoro più rigidi, con contratti a tempo indeterminato ben protetti e un'alta incidenza di lavoro precario tra i giovani. Germania e Paesi Bassi offrono una regolamentazione intermedia. I paesi dell'Est hanno salari più bassi ma registrano una significativa crescita dell'occupazione. Anche la formazione delle competenze varia: in Germania, c'è una forte enfasi sul sistema duale scuola-lavoro. In Francia e in Italia, prevale l'istruzione universitaria tradizionale».
Parliamo di retribuzioni...
«I salari nei paesi dell'Europa occidentale sono più alti, ma anche il costo del lavoro è elevato. Nei paesi dell'Est i salari sono più bassi ma attraggono investimenti grazie a un costo del lavoro competitivo. In Italia, i salari sono penalizzati dalla tassazione, il che contribuisce all'emigrazione dei talenti. Il tema dei salari è dibattuto in molti paesi: in Germania si discute sull'aumento del salario minimo, in Francia è un tema centrale delle proteste e il governo aggiorna regolarmente il salario minimo, in Spagna è stato aumentato per contrastare il precariato e la bassa produttività, e nel Regno Unito il National Living Wage è stato rivisto più volte ma il costo della vita crescente ha portato a richieste di aumenti salariali. Il salario è una variabile importante nella scelta di un lavoro, ma non è l'unica. Paesi con alti salari e alta qualità della vita, come Germania e Paesi Bassi, attirano talenti offrendo stipendi competitivi e lavoro di qualità, anche se non sempre sostenibili a lungo termine. Settori tecnologici innovativi come l'IT e la finanza offrono, oltre allo stipendio, benefit e opportunità di crescita».
Una distanza ancora molto marcata tra formazione scolastica e necessità delle imprese. Anche questa è una "pecca" italiana, e spesso le aziende se la pagano la formazione. C'è qualcosa che si può fare?
«Per affrontare il divario tra formazione scolastica e necessità delle imprese, serve una visione a lungo termine. Scuole e università dovrebbero aggiornare i loro programmi. Nel breve e medio termine, è necessaria una collaborazione tra più soggetti, tra cui agenzie come Manpower, che hanno già formato gratuitamente oltre 21.000 persone in Italia. Una collaborazione tra pubblico e privato è fondamentale, coinvolgendo aziende, agenzie e Its, penso alle academy».
Lei è appena rientrata da Davos. Che esperienza è stata?
«Unica, straordinaria. Per la prima volta nella mia vita la possibilità di entrare in un contesto che avevo solo immaginato. Il tema centrale di Davos è stato l'impatto dell'intelligenza artificiale. Ho notato anche molta attenzione alla diversità e alla trasformazione green».
Un personaggio che l'ha colpita?
«Il ceo di Google Cloud e il suo intervento sull'Ai, su come questa possa migliorare la vita delle persone, e anche il richiamo all'educazione, al senso di responsabilità, all'etica, alla trasparenza che l'Ai ci richiede per generare effetti positivi. La loro assenza rende questa straordinaria innovazione molto pericolosa».