«Il fatto che molti fedeli, dopo ore di coda, arrivino di fronte alla salma di Papa Francesco riprendendola con il proprio smartphone si spiega da un lato con la fruizione sempre più superficiale delle emozioni e dall'altro con la ricerca del consenso, del bisogno di approvazione e della popolarità, data dal poter dire agli altri "io ci sono"». Così Daniela Villani – associato all'Università Cattolica di Milano in Psicologia Generale, coordinatrice dell'Unità di Ricerca in Media Digitali, Psicologia e Benessere e docente di psicologia della religione – riflette con all'Adnkronos sul fenomeno cui molti fedeli danno vita durante il commiato al Santo Padre.
I selfie con la salma di Papa Francesco
Quando una persona si riprende in queste circostanze «è come se volesse dire "Io ci sono, lo faccio vedere e divento popolare".
Per dirla in altri termini «non partecipo in maniera profonda ma metto una distanza, svuotando un po' il senso della mia partecipazione. Questo non vuol dire che chi si è fatto un selfie, o si è ripreso, non è andato carico di desiderio di partecipare. Ma questo mi sembra un gesto che snatura molto il senso di un'esperienza come quella di essere presente in quel luogo».
Il profilo psicologico del gesto
«Sotto il profilo psicologico – argomenta ancora Villani – è sicuramente più faticoso essere presenti dal punto di vista emotivo, corporeo e cognitivo». Poter immortalare un momento del genere «è tipico della fruizione molto più veloce alla quale in generale oggi sono abituate le persone. Persone che non vivono le esperienze pienamente e consapevolmente ma solo superficialmente».
L'altro aspetto, dunque, è quello della «condivisione: un conto è fare una fotografia che resta sullo smartphone e che può essere un momento di ricordo carico di significato per alcuni. Ma riprendersi lì, con l'idea di condividere il momento, ha una valenza sociale. In questo caso mi chiedo quanto entri in gioco la partecipazione alla sofferenza e al dolore e quanto invece si sposti l'attenzione in maniera non tanto funzionale verso la spettacolarizzazione. È come se si fosse ad un evento e si togliesse l'aspetto sacrale. Ci si riprende come se si fosse in qualsiasi altro contesto pubblico», conclude Villani.