Meloni: «Senza senso una guerra commerciale. Migranti, toghe di parte»

La premier sul palco della Cisl: «Dai dazi impatto inevitabile sull’economia reale». Il bilancio al Tg1 dei mille giorni di governo: «Avanti con lotta ai clandestini e riforme»

venerdì 18 luglio 2025 di Francesco Bechis
Meloni: «Senza senso una guerra commerciale. Migranti, toghe di parte»

Mille giorni. Le sembrano «di più». Si guarda indietro Giorgia Meloni e ripercorre quasi tre anni nella stanza dei bottoni. Le riforme, gli sforzi contro l’immigrazione irregolare, «nonostante una parte politicizzata della magistratura e la sinistra immigrazionista», appunta con un nuovo affondo contro i giudici.

Ma è soprattutto l’economia ad accendere la premier nel giorno dell’anniversario celebrato a Palazzo Chigi con una stuola di dati sulla crescita e i risultati occupazionali. «Sono molto fiera del fatto che in mille giorni, ogni giorno, sono stati creati oltre mille posti di lavoro a tempo indeterminato, oltre un milione di nuovi occupati in più» riflette la presidente del Consiglio in un’intervista al Tg1.

IL BILANCIO

Luci e ombre. Fra le seconde Meloni annovera i dazi di Donald Trump che incombono sull’Europa e sui conti italiani. «Penso che vada scongiurata in ogni modo possibile una guerra commerciale fra le due sponde dell’Atlantico, non avrebbe alcun senso». Poi un’indicazione che sa di monito alla Lega. Impossibile negoziare in autonomia, a tu per tu con il tycoon, come suggerisce da giorni il partito di Matteo Salvini, «gli Stati non possono trattare, facciamo tutto il possibile per il dialogo e un accordo vantaggioso per entrambi».

Inizia all’Eur a metà mattinata una giornata di bilanci per la premier. Palazzo dei Congressi, caldo sahariano. Sul palco della Cisl, il “sindacato bianco” riunito nel congresso confederale per i suoi 75 anni di storia, Meloni parla di lavoro, tasse, promesse mantenute e da mantenere ancora. Fuori infuria il Milano-gate, il centrodestra e un pezzo delle opposizioni chiedono le dimissioni del sindaco Beppe Sala su cui invece la premier frena in serata nell’intervista Rai.

Si presenta alla platea dell’Eur scortata dalla ministra del lavoro Elvira Calderone e dal presidente del Senato Ignazio La Russa.

Ma soprattutto da Luigi Sbarra, sottosegretario a Palazzo Chigi con delega al Sud, già padrone di casa alla Cisl, di cui è stato per anni segretario, che da pochi mesi Meloni è «fiera di annoverare al governo». Applausi. Più caldi per la presidente, a dire il vero, che per l’ex leader. Con il sindacato di ispirazione cattolica il rapporto è ancora solido.

Il governo, fa sapere subito la presidente di Fratelli d’Italia accolta dalla segretaria nazionale Daniela Fumarola, accoglie la «sfida» del patto di responsabilità tra esecutivo, imprese e parti sociali lanciato dalla Cisl. Meloni rivendica di aver rimesso «al centro» il dialogo con le parti sociali e di aver «riaperto le porte della Sala Verde» di Palazzo Chigi che storicamente ospita i confronti fra governo e sindacati. Mai un accenno a Cgil e Uil, i “sindacati rossi” da sempre controcanto della destra al governo, salvo una stoccata implicita a Landini quando evoca «la logica antagonista e massimalista per principio» che va oltre un fisiologico «conflitto» fra le parti. Poi, di nuovo, i dati da sciorinare nell’anniversario dei mille giorni, «che a me sembrano di più..» scherza sul palco.

Ne è passata di acqua sotto i ponti da quell’ottobre di tre anni fa, la leader della destra italiana che sale gli scaloni di Palazzo Chigi affiancata da Mario Draghi, il tintinnio della campanella. Meloni traccia un bilancio con la Cisl. Batte anche qui su quella cifra, il “milione di occupati”, che sa di dejavu: su quella stessa promessa Berlusconi montò la campagna per le politiche del 2001. Riecco l’ombra dei dazi Usa. Una guerra commerciale con gli Usa «impatterebbe soprattutto sui lavoratori», nota la premier, ammettendo che le incertezze internazionali hanno «conseguenze inevitabili sull'economia reale». Si procede dunque in «un contesto impossibile» anche se i dati macroeconomici «ci restituiscono un quadro incoraggiante». Segue l’impegno per il rinnovo dei contratti privati - a breve quello dei metalmeccanici, assicura Meloni - così come per la detassazione delle «componenti premiali della retribuzione».

IL NODO DELLA GIUSTIZIA

Bilanci e promesse irreali, accusano le opposizioni. «È finito il tempo delle bufale: crolla il potere d’acquisto degli italiani, il lavoro è sottopagato, aumentano le tasse e le bollette» l’affondo del leader dei Cinque Stelle Giuseppe Conte. «L’Italia delle famiglie e del ceto medio sta peggio di tre anni fa» incalza da Italia Viva l’ex premier Matteo Renzi, «l’incantesimo si sta esaurendo». Rotea in mano il bicchiere mezzo pieno, da parte sua, la presidente del Consiglio. Che sul palco della Cisl cita Eleanor Roosevelt e invita gli italiani a «gettare il cuore oltre l’ostacolo» per «tornare a sognare e realizzare i propri sogni».

In serata torna a riavvolgere il nastro al Tg1: «Un governo non si valuta solo dalla durata, ma la stabilità ti consente di spendere soldi sulle cose serie e non gettarli in bonus, diventa affidabilità internazionale, rassicura chi investe». Sull’immigrazione si impegna a «continuare a far scendere il numero di immigrati illegali» anche con «soluzioni innovative» come il patto fra Italia e Albania ancora in un limbo politico-giudiziario. Meloni chiude con un nuovo affondo contro i magistrati “politicizzati” e avvisa le toghe: il governo andrà fino in fondo sulla «riforma della giustizia».

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