Dazi, la Cina blocca l'export delle terre rare cruciali per l'industria tech e militare: stop ai magneti per smartphone e caccia da combattimento F-35

Il governo cinese aveva imposto nuove restrizioni all'export di 7 elementi: samario, gadolinio, terbio, disprosio, lutezio, scandio e ittrio

martedì 15 aprile 2025 di Anna Guaita
Dazi, la Cina blocca l'export delle terre rare cruciali per l'industria tech e militare: stop ai magneti per smartphone e caccia da combattimento F-35

NEW YORK - La Cina blocca l'export delle terre rare cruciali per la difesa e l'elettronica. Prende forma così un altro fronte della guerra commerciale tra Washington e Pechino, che si era silenziosamente aperto all'inizio di aprile. Due settimane fa, il governo cinese aveva imposto nuove restrizioni all'export di sette elementi fondamentali per l'industria tecnologica e militare: samario, gadolinio, terbio, disprosio, lutezio, scandio e ittrio. A questi si aggiungevano i magneti permanenti da essi derivati, indispensabili per la produzione di smartphone, motori elettrici, missili e aerei da combattimento F-35.

I sette elementi e i magneti venivano inseriti nella lista cinese delle esportazioni "a duplice uso" (civile e militare), sottoponendoli a un nuovo regime di licenze. Il sistema consente a Pechino di imporre restrizioni selettive alle forniture verso Paesi o aziende considerate "sensibili", come i contractor della difesa americana. Secondo quanto riportato dai media americani ieri, le spedizioni sono di fatto già ferme nei porti cinesi: senza autorizzazioni specifiche, né i materiali né i componenti possono lasciare il Paese.

La decisione di Pechino arriva come risposta diretta all'ultima ondata di dazi imposta da Donald Trump, che ha alzato le tariffe fino al 145% su centinaia di categorie di prodotti cinesi. Che il presidente abbia voluto lanciare una guerra commerciale di tale portata senza prima assicurarsi un accesso stabile agli elementi più critici per la difesa, l'elettronica e l'energia è una mossa che ha lasciato perplessi molti analisti, perché la Cina ha così potuto trasformare una dipendenza strutturale degli Stati Uniti in una leva politica potentissima.

Il colpo inferto è potenzialmente devastante. Gli Stati Uniti dipendono dalla Cina per circa il 72% delle importazioni di terre rare, e per il 90% della fornitura di magneti lavorati. L'intero settore dell'elettronica, dell'energia verde e della difesa poggia su questi materiali, basti pensare che un singolo jet militare F-35 contiene circa 417 chili di magneti a base di terre rare. Lo stesso vale per le turbine eoliche, gli iPhone e i motori dei veicoli elettrici, che senza disprosio e ittrio rischiano di rallentare o fermarsi del tutto.

LE RESTRIZIONI

La Cina, dunque non sta solo reagendo, sta rilanciando. Le restrizioni servono a colpire la filiera industriale americana proprio dove è più fragile, ma anche a rafforzare la centralità tecnologica cinese. Terbio e scandio, per esempio, sono cruciali per la produzione di chip destinati all'intelligenza artificiale, settore nel quale Pechino mira, con buone possibilità, a superare gli Stati Uniti. E se le tensioni continueranno, l'export di neodimio usato nel 90% dei motori per auto elettriche potrebbe essere il prossimo bersaglio.

Il Dipartimento della Difesa ha già lanciato l'allarme. «Le scorte di elementi pesanti ha dichiarato un funzionario del Pentagono non sono sufficienti per sostenere una produzione bellica prolungata». Anche nel settore privato l'impatto si è fatto sentire: solo ad aprile il prezzo del disprosio è salito del 15%, con ulteriori aumenti attesi nelle prossime settimane. La Casa Bianca ha invocato il Defense Production Act per accelerare l'apertura di miniere nazionali e impianti di raffinazione. Washington sta negoziando con l'Ucraina, l'Australia, la Tanzania, e ipotizza addirittura di impadronirsi della Groenlandia. Sul tavolo c'è anche una proposta di estrazione sottomarina nel Pacifico.

Tuttavia, nessuna di queste strade è immediatamente percorribile. È bene ricordare che le «terre rare» non sono in realtà davvero rare nella crosta terrestre, anzi elementi come il neodimio o l'ittrio sono più abbondanti dell'argento o del piombo. Il problema è che si trovano sempre mescolati tra loro e con altri minerali, e separarli richiede processi lunghi, complicati, costosi e altamente inquinanti. È questa complessità logistica, più che la scarsità, a renderli strategici. La Cina ha saputo guardare al futuro, e nel corso degli ultimi decenni ha investito massicciamente nella filiera dell'estrazione e nella raffinazione industriale, controllando oggi oltre il 90% della capacità globale di trattamento dei metalli rari. E, almeno per ora, resta la porta d'accesso obbligata a molti degli elementi chiave per la tecnologia, la difesa e la transizione energetica, mentre l'industria americana non ha pensato a prepararsi un piano B efficace a breve termine. Difatti aziende come Tesla, Lockheed Martin e Apple stanno rivedendo i piani di produzione, e alla Casa Bianca, il National Security Council ha convocato una serie di incontri di emergenza con le principali agenzie federali per valutare l'impatto su difesa e forniture strategiche.

Ultimo aggiornamento: 10:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci