CHIOGGIA - In cassopipa, sono meglio ostriche, cozze e vongole o il granchio blu? La domanda può sembrare poco rispettosa delle tradizioni culinarie venete ma potrebbe essere il "cuore" della strategia di contenimento di questo crostaceo che la globalizzazione ha portato, dalle Americhe, fino alle coste italiane (ma anche francesi e spagnole), e che sta distruggendo gli allevamenti di molluschi, da Monfalcone a Ravenna.
IL CASO
La caratteristica di questo predatore, infatti, è di disporre di chele in grado di tagliare le reti degli allevamenti di molluschi e di cibarsi, poi, di questi ultimi, mettendo in crisi un'economia che raggruppa circa quattromila imprese, tra pesca e acquacoltura, nelle regioni dell'Alto Adriatico.
Finora il problema sembra essere stato sottovalutato anche se molti pescatori di Chioggia, in questi giorni, sono davvero preoccupati.
EMERGENZA
L'europarlamentare Rosanna Conte ricorda, infatti, di aver lanciato l'allarme, già due anni fa, alla Commissione europea. Ora l'emergenza si è fatta ancor più stringente, tanto che la stessa Conte e il Distretto della Pesca del nord Adriatico, nei giorni scorsi, hanno ipotizzato la dichiarazione dello stato di calamità per i danni causati dal granchio. In particolare la riunione del Distretto, convocata dall'assessore veneto Cristiano Corrazzari, insieme agli omologhi di Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna, ha prodotto un documento che contiene anche una serie di altre richieste al ministero dell'Agricoltura, tra cui «la convocazione urgente di un tavolo tecnico per definire e adottare con immediatezza misure e provvedimenti efficaci, concertati e condivisi; l'immediata attivazione di una misura, con adeguate risorse, per la tutela della biodiversità con il prelievo della massima quantità possibile di granchi blu, con la partecipazione dei pescatori e la supervisione di un Istituto scientifico; individuare le migliori strategie di lotta biologica a questa specie, attuandole in un Pian nazionale; introdurre per legge un meccanismo di autodifesa dell'acquacoltore analogo a quello posto in atto per l'autodifesa degli agricoltori dai cinghiali».
Queste misure consentirebbero, in tempi brevi, un prelievo (caccia o pesca che lo si voglia chiamare) di questi criostacei ma lasciano aperto il problema di "cosa fare" degli esemplari catturati.