Dall’alto è un boato. Dal basso è una giungla di suoni. Dall’alto sembrano formiche colorate, ordinatissime. Dal basso, invece, è una Babele di volti, lingue e accenti. Lo chiamano l’esercito di Leone: un battaglione pacifico che avanza senza sosta su Roma, con gli scarponi consumati e una sola arma, la pace.
Le loro strade si diramano in ogni direzione, ma convergono verso un unico punto, come vene che arrivano a un solo cuore: Tor Vergata. E questo esercito composto da 1 milione di giovani, visto dall’elicottero Volpe 506 della Guardia di Finanza, è una corrente compatta, una striscia viva che si muove ad ondate verso la Vela di Calatrava. Poi dall’elicottero si scende tra la folla, e lì si apre un altro mondo, fatto di racconti, storie, vite. C’è un solo motivo che però le unisce tutte: vivere il Giubileo dei Giovani. Tor Vergata si trasforma così in una Woodstock cattolica, con tende celesti e grigie sparse come petali su un prato spoglio, senza un solo albero a riparare dal sole cocente. Zaini che diventano cuscini improvvisati, borracce piene grazie ai 2.660 punti d’acqua sparsi nell’area e tanti cappellini che coprono migliaia di teste giovani e in attesa di Papa Leone. Dal basso, quello che dall’alto sembra ordinato è un concentrato di movimento. I ragazzi ballano, pregano, sventolano cartelloni, si stringono tra loro in abbracci spontanei. C’è chi ha percorso 5 chilometri sotto il sole per arrivare ai varchi, chi si è fermato ogni mezz’ora per intonare una canzone o condividere una riflessione. E le chitarre non smettono di vibrare in quel lembo di terra dove le lingue si confondono.
Il volo
Il volo che scruta il Giubileo parte da Pratica di Mare, vira a nord-est e prende quota su Trigoria. A bordo, tra il rollio e il rumore sordo delle pale, ci sono i piloti della guardia di finanza - il maggiore Andrea Pizzirusso e i marescialli Gerardo d’Andrea e Alessandro Pizzitelli – che osservano la distesa di persone arrivare, diventando gli occhi invisibili di un evento tanto atteso: «Guardate laggiù, quella è la vela. È lì che si fermano tutti». Dal finestrino, il paesaggio cambia: la campagna si assottiglia, le strade si stringono, le persone si moltiplicano. Sul fondo svetta l’altare bianco, con la croce lignea di 39 metri inaugurata nel Giubileo del 2000. Intorno, il dispositivo di sicurezza: oltre 20.000 tra forze dell’ordine, sanitari e volontari. L’organizzazione è militare ma il clima è da festa. L’elicottero intanto continua ad oscillare sopra la spianata e sorveglia. Sotto, il prato ha perso i suoi contorni: è un unico tappeto umano. Dall’alto, tutto appare ordinato. Dal basso, il silenzio rarefatto del cielo si scompone in rumore puro: cori, danze, mani che si alzano al ritmo di un tamburo, fazzoletti da scout che girano come eliche, bandiere che sventolano. Arrivano da 150 paesi diversi questi giovani: dal Portogallo, Francia, America, Siria, Sud Sudan. È un mosaico di popoli. E dentro c’è l’anima del mondo - viva, affamata - che ha diciassette, diciotto, vent’anni.
L’afflusso
Alle 15, la fila ai varchi supera già i quattro chilometri: questo vuol dire due ore di “passeggiata” sotto il sole, senza un albero a offrire ombra. Il termometro segna 28 gradi, la musica diffusa dagli altoparlanti accompagna il cammino, mentre i volontari si muovono tra la folla. Ogni passo è un pellegrinaggio, ogni pausa un momento di preghiera o un selfie. Anna Cattaneo, 19 anni, di Arese in provincia di Milano, è qui con il Movimento Giovanile Salesiano della Lombardia e dell’Emilia-Romagna: «Siamo partiti da Bologna, poi Ravenna, Rimini, Bolsena, Forlì. È un momento di fede, ma anche una fatica che ti segna spiritualmente. Il clima che si respira è bellissimo: si sente che siamo qui per un unico motivo, per vedere Papa Leone». In merito all’arma della pace e a ciò che ci attende, aggiunge: «Credo che i giovani rappresentino davvero la speranza. È triste che spesso gli adulti ci considerino una generazione “fallita”. Invece, proprio questa allegria, questo stare insieme, questa condivisione nel nome di Dio sono una risposta chiara: i giovani di oggi hanno una voce forte e devono imparare a usarla». E poi la musica aiuta a far arrivare lontano la melodia delle preghiere e il senso dell’appello collettivo: «Cantare per il Papa è già motivo di grandissimo orgoglio - dice il maestro Giuseppe Buffa, una delle voci del grande coro di Tor Vergata - Avere di fronte i ragazzi di tutto il mondo ci proietta in una dimensione globale. Siamo orgogliosi di usare la nostra voce per rendere più forte il messaggio di pace che vogliamo lanciare ai potenti del mondo».
Le storie
In questo mare risuona forte un messaggio comune: la pace come arma di cambiamento. Carlo Casson, 17 anni, dall’oratorio di Chioggia, racconta: «Conoscere persone e tradizioni diverse, condividere tutto questo con tanti ragazzi che arrivano da varie parti del mondo è un segno di pace concreta. Si percepisce la cura con cui tutto è stato organizzato per noi». Davide Malafronte, 21 anni, educatore salesiano di Torre Annunziata, vede in Papa Leone un punto di riferimento che dà fiducia alle nuove generazioni: «Il Santo Padre affronta le sfide che viviamo e ci sostiene. Questo Giubileo è la prova che la Chiesa non è per vecchi». E ancora: «Prevost parla come se conoscesse le nostre domande - racconta Fatima, 21 anni, siriana - .E ci risponde, con gesti e parole di pace. Veniamo da luoghi dove questa è assente». E così lo aspettano per ore, come si attende un concerto, un’epifania, una grande star. Leone, il Papa giovane tra i giovani.