Festa della mamma: i libri da regalare per farla felice

domenica 11 maggio 2025 di Ebe Pierini
Festa della mamma: i libri da regalare per farla felice

È caccia al regalo giusto per strappare un sorriso alle mamme nel giorno dedicato alla loro festa. Si va dal classico mazzo di fiori, ai prodotti per la cura del corpo, dai cioccolatini agli accessori per la cucina, dalle gift card all’abbigliamento.

Ma se, invece,  per una volta, si optasse per un bel libro? Basta lasciarsi guidare dalla personalità della propria mamma per fare la scelta giusta scegliendo sugli scaffali della libreria quello più in linea con i suoi gusti.

Se si vuole fare dono di un libro che abbia come protagonista una madre ci si può orientare su questi nuovissimi libri freschi di stampa:

“La fabbricante di stelle” di Mélissa Da Costa (Rizzoli)

Arthur ha cinque anni quando sua madre Clarisse gli rivela un gran segreto: tra non molto dovrà partire per un lungo viaggio con destinazione Urano. E lì, sul pianeta ghiacciato dalle ventisette lune, popolato da lumache con il guscio azzurro che mangiano prezzemolo polare, da alberi-cervo con sonore campanelle appese ai rami e da tante altre creature straordinarie, avrà il compito di disegnare le stelle che notte dopo notte illuminano l'universo. Molti anni dopo Arthur, ormai adulto, aspetta che la sua compagna dia alla luce la loro prima figlia, e si trova a ripensare alla madre scomparsa molti anni prima e a quella favola. In realtà l'universo magico così ben descritto da Clarisse è stato l'espediente che la mamma ha voluto usare per spiegare al figlio un distacco definitivo dovuto ad una grave malattia. Sapeva di dover morire e ha cercato di rendere questa separazione il meno dolorosa possibile. Una bugia meravigliosa che ha permesso a un bambino di sognare e di immaginare, invece di dover soltanto guardare negli occhi la realtà, almeno per un po' di tempo. E solo in quel momento Arthur comprenderà davvero il gesto di sua madre. Un libro triste e dolcissimo al tempo stesso.

“Il colore dell'acqua” di James McBride (Fazi)

Nata in Polonia in una famiglia di ebrei ortodossi, Rachel Deborah Shilsky cresce nell'America degli anni Venti divisa tra la severità di Tate e la dolcezza di Mame, fino a quando nel 1941 fugge ad Harlem, sposa un nero e viene ripudiata dai suoi familiari. Da allora Rachel Shilsky è morta. Doveva morire per far vivere Ruth McBride Jordan, l'altra, più autentica, versione di sé. James McBride, uno dei suoi dodici figli, è rimasto all'oscuro di tutto ciò fino all'età adulta, quando, per mettere a tacere l'assordante e insistente domanda sulla propria identità, ha deciso di scoprire chi fosse sua madre. Chi è dunque Ruth McBride Jordan? È una donna che ha sempre nascosto le sue origini e il dolore per un passato che è ancora una ferita aperta; è una madre ferocemente protettiva e determinata nel suo amore, che ha imposto regole e preteso una condotta irreprensibile per il bene dei suoi figli; è una bianca, moglie di due uomini neri, per la quale la questione del colore della pelle è sempre stata irrilevante, in un mondo dominato da una spietata divisione razziale. Chi aveva già amato “L’emporio del cielo e della terra” dello stesso autore non potrà perdere questo libro dedicato alla madre che in America ha venduto un milione di copie.

“Rosarita” di Anita Desai (Einaudi)

Bonita è una giovane studentessa di Delhi in viaggio in Messico per imparare lo spagnolo. Seduta su una panchina del Jardín di San Miguel de Allende, all’ombra della maestosa cattedrale, si gode l’estraneità di un luogo mai visitato. Un’anziana donna in abiti tradizionali, loquace ed eccentrica, l’avvicina con accalorata familiarità, affermando di rivedere in lei la figlia della sua cara amica, Rosarita, conosciuta proprio lì tanti anni prima, quando Rosarita era arrivata dall’India, come ora sua figlia, per seguire la sua vocazione di pittrice sotto la guida dei maestri locali. Bonita prova a dirle che si sbaglia: sua madre si chiamava Sarita, non Rosarita, non era mai stata in Messico e soprattutto non aveva mai dipinto in vita sua. Ma la sconosciuta non intende ragioni e le sue melodrammatiche perorazioni aprono una breccia nelle certezze della giovane. Bonita è ora costretta a scandagliare i suoi ricordi famigliari in cerca di indizi: lo schizzo di una donna e di una bambina in un luogo non dissimile da San Miguel, scatoloni carichi di fogli poi andati perduti, una lunga assenza materna. Accetta di lasciarsi trascinare in un viaggio dalle nuove traiettorie, attraverso la capitale e fin sulle coste del Pacifico, sulle tracce di quei maestri della pittura murale che avevano saputo ritrarre la violenza della Rivoluzione messicana proprio come i pittori indiani avevano fatto con gli orrori della Partizione. Storia e fantasia, realtà e mistificazione, memoria e invenzione, un viaggio spazio-temporale che a ogni tappa ridisegna i suoi riferimenti e le sue verità, giù giù fino al legame forse inconoscibile, ma certo immobile, di una madre con sua figlia.

“Come si esprime un desiderio” di Odette Copat (Bompiani)

Se abbiamo un grande desiderio nel cuore possiamo esprimerlo mentre una stella cadente illumina il cielo e sperare che venga esaudito. Ma potremmo anche avere la fortuna di ricevere in dono un Dàruma: la statuetta giapponese che reca sul volto due occhi privi di pupille. Al Daruma possiamo confidare il nostro desiderio e colorare una delle due pupille: sarà quell'occhio a vegliare su di noi affinché ci impegniamo per trasformare il desiderio in realtà. Se ce la faremo anche la seconda pupilla potrà annerirsi, la statuetta perderà il suo aspetto inquietante e, finalmente, la vita ci sorriderà. Quando suo figlio Tommaso riceve in dono un Daruma, Luisa pensa che sia l'ennesima scemenza new age. Tommi è il classico adolescente privo di desideri e lei ha un anziano padre di cui prendersi cura, un mutuo a tasso variabile e un dolore piantato nel cuore. Tanto che con le sue amiche ha elaborato la teoria delle tre D: Delusione e Disillusione sono le naturali conseguenze di qualunque Desiderio, quindi tanto vale non esprimerne nessuno. Ma nella vita di Luisa ci sono anche un cagnolino con le orecchie da pipistrello, capace di fiutare anche il più impalpabile moto del cuore, e certe lettere della banca che sembrano fatte apposta per costringerla a uscire dalla sua comfort zone. Fino a che, una mattina, eccolo lì: l'occhio del Daruma la sta fissando.

“Una mattina di sole” di Christy Lefteri (Piemme)

Isola di Cipro, 1974. Nella piccola Kyrenia, tutti conoscono Koki. Da quando è rimasta incinta senza un marito vive lontana dagli sguardi diffidenti dei vicini. Isolata a causa delle maldicenze sul suo conto, il suo destino sembra segnato. Quando l'esercito turco invade la cittadina cipriota, per molti è la fine della vita come la conoscevano, ma per qualcuno è l'occasione per ricominciare a vivere. Per Koki significa affrontare le donne che l'hanno emarginata e trovare il coraggio di dire loro la verità sull'uomo turco che andandosene le ha rubato il cuore. Per Adem, soldato invasore, tornare nella città che è stata la sua casa vuol dire mettersi sulle tracce dell'unica donna che abbia mai amato. Immergendosi tra le strade, cercando in ogni casa, riaffiorano memorie sepolte: un bambino non ancora conosciuto e un segreto mai svelato. E, forse, la speranza di un futuro luminoso.

“La casa dell'attesa” di Fabio Geda (Laterza)

Al centro di questo libro c’è una immagine: la casa dell’attesa, quella accanto all’ospedale rurale di Chiulo. Siamo in Angola, sugli altopiani al confine con la Namibia, luogo in cui le donne della provincia vanno a vivere in comunità prima del parto per proteggere sé stesse e i loro figli dagli imprevisti dell’ultimo mese di gravidanza. Fabio Geda racconta il lavoro di un gruppo di medici italiani e le storie di donne e uomini angolani il cui destino è stato trasformato dall’incontro con quei medici e con l’organizzazione cui appartengono, Medici con l’Africa Cuamm. Ma non c’è solo la casa dell’attesa: ci sono le strade di Luanda, la capitale, abitata da oltre dieci milioni di persone, strade piene di giovani che attendono di vendere qualsiasi cosa. C’è la bellezza di un ambiente naturale mozzafiato, abitato da popolazioni che lottano con la siccità e la malnutrizione. C’è il ricordo dei ventisette anni di guerra civile. Ci sono figure straordinarie, a partire da quella di Agostinho Neto, medico, poeta e padre della patria.

Per fare felici le mamme che amano i libri che parlino di donne queste possono essere scelte interessanti:

 “Mie magnifiche maestre” di Fabio Genovesi (Mondadori)

Isolina ha salvato il suo matrimonio la notte in cui ha piantato una falce nel fianco di suo marito. Benedetta era la più bella della spiaggia, ma piuttosto che diventare Miss Cuore di Panna ha preferito darsi alle droghe pesanti. Con Gilda i funerali diventavano feste di compleanno. Azzurra a scuola aveva il Sostegno, ma era lei a non sostenere la banalità degli altri. Poi Irene, la migliore amica dei bambini piccoli e dei mostri giganti. E Violetta, troppo impetuosa per il suo fisico massiccio, che trasformava ogni abbraccio in una frattura.  Anime intense e fiammeggianti, riunite in una sola, clamorosa famiglia. Non di quelle rigide, basate sul sangue, ma più libera e ariosa, tenuta insieme dalla colla calda dell’amore. Sono le zie e le nonne di Fabio, che questa settimana compie cinquant’anni, anche se nessuno ci crede e lui meno di tutti. Allora queste donne magnifiche vengono a trovarlo.  Vengono nei suoi sogni, perché sono morte. Ma se c’è una cosa che gli hanno insegnato è che i sogni non sono la fine della realtà, come la morte non è la fine della vita.  In realtà gli hanno insegnato molto altro, solo che Fabio era troppo piccolo per apprezzarlo. Tutto preso a seguire i suoi zii marinai e avventurieri, grandi maestri di vita “maschia” quando lui un maschio cercava di diventare. Adesso però è un tempo diverso, e tornano da lui le diverse lezioni delle zie. Silenziose e insieme così forti, sagge e folli, divampano nelle sue notti. Ognuna un sogno, un ricordo e una scoperta, una stella trascurata che torna a luccicare. Ma perché tornano tutte adesso, a una settimana da un compleanno che lo stranisce? Vogliono solo salutarlo, o c’è qualcosa di più importante che deve sapere?

 “La governante” di Csaba dalla Zorza (Marsilio)

Vista da fuori, la sua vita non mostra nessuna sbavatura, solo la precisione tipica di ciò che viene deciso a tavolino. Una donna che ha avuto tutto: una posizione professionale invidiabile, un marito, due figli, una bella casa. Ha avuto tutto ciò che per molti dovrebbe dare la felicità. Per il suo sessantesimo compleanno, decide di farsi un regalo: seguire un desiderio nascosto, lasciare ciò che ha per andare altrove. Un pezzo alla volta, la donna apre a chi legge il suo cuore, come l’armadio in cui custodisce la sua collezione di porcellane. Riprendono così aria pezzi di un’esistenza di cui nessuno ha mai avuto conoscenza. Una confessione in bilico tra il desiderio di essere e la necessità di apparire. Una donna che ha coperto con la forza di volontà le sue fragilità, che ha dovuto lottare contro la cosa più grande che la vita potesse metterle davanti: se stessa. La famiglia, il giudizio degli altri, la paura di essere inadeguata sono stati punti fermi ai quali aggrapparsi, ma anche da cui scivolare. Sino al giorno in cui capisce che accettare di essere come sei, anche quando non corrisponde all'idea che gli altri hanno di te, alle aspettative che nutrono, è l’unico modo per iniziare a vivere davvero.

Alle mamme che amano gli autori giapponesi o coreani potrete regalare questi deliziosi libri appena usciti in libreria:

“Dove si filano le nuvole” di Yuki Ibuki (Garzanti)

Quando Mio si avvolge nello scialle rosso, si sente pervadere da un tepore familiare e confortante. Una sensazione che la riporta ai giorni felici dell'infanzia, trascorsi nell'azienda dei nonni Kayo e Kojiro, dove i telai erano mossi dalle mani di sapienti artigiani. Dopo anni, Mio sta tornando proprio in quella remota cittadina del Giappone. Lì, dove è stata felice e spensierata mentre giocava con la stoffa; lì, dove ricamava storie su tutto ciò che la circondava. È un'antica tradizione che le ha insegnato la nonna e che si tramanda di generazione in generazione. Ma ora Mio ha perso il dono di raccontare e non sa bene chi è. È però certa che l'azienda dei nonni sia il luogo da cui ripartire. Quello che non può immaginare, è che imparare a cardare e tingere la lana non insegna solo ad avere pazienza. È un gesto che rivela la trama nascosta dei tessuti. Non solo degli indumenti, ma anche delle vite dei suoi familiari. Perché i disegni più belli nascono unendo fili di diverso colore. Perla prima volta, Mio comincia a capire le scelte di coloro che l'hanno cresciuta e a carpirne i segreti. Forse, proprio grazie al suo dono, può salvare l'attività dei nonni dalla bancarotta; e addirittura sciogliere il nodo di incomprensioni che ha rischiato di dividerli. Un libro che racconta di una famiglia attraverso l'arte affascinante della lavorazione della lana.

“La pasticceria di mezzanotte. La straniera” di Noriko Onuma (Garzanti)

La pasticceria di mezzanotte è un luogo speciale dove pasticcini e pane di ogni tipo sono esposti come fossero gioielli. Qui, tra baguette croccanti e panini al cioccolato, chi ne ha bisogno può trovare conforto. Come suggerisce il nome, la pasticceria è aperta solo di notte. Nozomi è di fronte alla vetrina. L'odore dolce del pane appena sfornato si mescola all'aria fredda e sembra chiamarla. Ma lei, la dolcezza, nella vita, non l'ha mai assaporata. Perché da quando era bambina è sempre stata lasciata sola. Eppure, lì qualcuno la accoglie come se la stesse aspettando da sempre. Sono il signor Kurebayashi, un uomo che sembra saper leggere l'anima delle persone attraverso il pane che sforna, e Hiroki, il giovane panettiere dallo sguardo serio e dalle mani gentili. Nozomi vorrebbe scappare. Ma intuisce che la pasticceria le sta offrendo la promessa di qualcosa di diverso. Infatti, ogni notte, quel luogo prende vita: diventa il rifugio di persone che, senza saperlo, lo stavano cercando. C'è un bambino abbandonato che trova conforto tra i cesti pieni di pane. C'è una donna che lotta per essere accettata. C'è un uomo che, ogni giorno, spera in un nuovo inizio. E così, Nozomi capisce che la famiglia non è sempre quella in cui nasci, ma quella che scegli. Proprio come un impasto che, con i giusti ingredienti e il calore, può diventare qualcosa di meraviglioso.  Una nuova grande serie giapponese capace di scaldare i cuori. In patria ha venduto oltre 1,5 milioni di copie.

“Il fiore dei ricordi ritrovati” di Ren Mizuniwa (Nord)

Al cimitero di Kawatare, una quieta oasi di pace nel trambusto cittadino, il giovane custode Hioki Nagi ha allestito un ufficio che sembra un accogliente caffè, con poltroncine confortevoli, riviste e libri da sfogliare, e tante piante verdi che ravvivano l’ambiente. Non è così semplice da trovare, ma chi vi s’imbatte ne esce confortato, perché Nagi riceve i visitatori con il sorriso, una tazza di tè fumante e parole che vanno dritte al cuore. E talvolta con un dono speciale: il seme d’ipomea bisesta, un fiore misterioso che si dice abbia il potere di gettare un ponte tra i vivi e i morti. Chi lo coltiva e riesce a farlo sbocciare rivive un momento del passato che ha lasciato dietro di sé qualcosa d’irrisolto. Che si tratti di un segreto mai rivelato, di un gesto sbagliato o di una parola non detta, l’ipomea bisesta permette di dare risposte a questioni rimaste in sospeso troppo a lungo. È così per la donna cui mancava un dettaglio della sua infanzia che non avrebbe mai dovuto dimenticare; per il ragazzo che piange per il suo amore perduto; o per il vecchio che ancora si strugge per un rimpianto di gioventù. Per tutti loro, lo schiudersi del fiore segna l’alba di una rinnovata serenità e l’inizio di un nuovo cammino. Solo Nagi ancora non riesce a far germogliare il proprio seme. Forse perché è più facile lenire il dolore degli altri piuttosto che guardare in faccia i propri fantasmi. Eppure, forse sarà proprio aiutando quegli sconosciuti che anche lui riuscirà a riconciliarsi con il passato e a guardare avanti. Perché in fondo, l’unica cosa che conta, per i vivi come per i morti, è appianare le asperità affinché tutto l’amore che è stato seminato torni libero di fiorire.

“La misteriosa clinica di medicina orientale” di Bae Myeongeun (Salani)

Dieci nuovi clienti per ogni fantasma curato. È questa la regola che sigilla l'accordo fra l'anziana Sujeong e gli spiriti che, al calar della notte, bussano alla porta della sua erboristeria in cerca di pace. Grazie alla sua conoscenza di infusi e piante medicinali, ma anche dei dolori della vita, Sujeong è in grado di guarire gli acciacchi dei vivi e di alleviare i tormenti dei morti, aiutandoli a dissipare i rancori che li tengono legati a questo mondo. Seungbeom invece è un agopuntore giovane e brillante, più interessato al conto in banca che alla salute dei suoi pazienti. Esiliato da Seoul, decide di aprire la sua clinica di Medicina orientale nel villaggio di Uhwa, dove si illude che farà facilmente fortuna. Eppure, per qualche motivo che gli sfugge, la sua clinica rimane deserta mentre l'erboristeria di Sujeong è sempre piena. I due però hanno qualcosa in comune: entrambi possono vedere i fantasmi. Così, quando Seungbeom scopre il segreto del successo dell'erborista, decide di imitarla. Se lenire i rimpianti degli spiriti può portargli clienti veri, allora è deciso a cogliere l'occasione. Ma curare i morti non è così semplice: bisogna ascoltarli, capire la loro sofferenza e liberarli dal peso del passato. E risolvere il dolore degli altri significa, prima o poi, dover affrontare anche il proprio. Una storia di guarigione e trasformazione, divertente e toccante allo stesso tempo, in cui il mistero e le più antiche tradizioni della cultura coreana si intrecciano a legami improbabili quanto speciali. Soprattutto, una storia di riscatto, che ci ricorda che dare agli altri significa costruire anche la propria fortuna.

Se volete regalare un libro che regali qualche momento di leggerezza e serenità optate per queste storie che riscaldano il cuore:

“Il nascondiglio dei cuori impazienti” di Coralie Caujolle (Garzanti)

Parigi. Edgar Olin, un autore di libri polizieschi, ha bisogno di calma e tranquillità per scrivere una nuova avventura dell’investigatrice Anna. Proprio per questo, quando la zia Agatha gli propone di aiutarla a gestire un appartamento nella casa di riposo Gli Impazienti, Edgar decide di accettare, convinto che lì, circondato dal silenzio, riuscirà finalmente a buttare giù qualche riga. Peccato che il nome della residenza sia una garanzia: i suoi vicini, tutti anziani, sono uno più bizzarro dell’altro. Chi ascolta gli AC/DC a volume altissimo, chi aspetta solo un suo passo falso per accusarlo di villania, chi pretende che si adegui al regime militare della residenza. Come se non bastasse, la direttrice lo ha incastrato: è costretto a tenere un corso di scrittura, proprio lui che a scuola ci andava più per dovere che per piacere. Eppure, a mano a mano che passa il tempo, Edgar scopre che gli Impazienti hanno tanto da insegnargli. E, forse, in quel luogo inaspettato potrebbe trovare l’ispirazione per il suo romanzo. Perché quello che Edgar capisce, alla fine di tutto, è che il confronto con gli altri è la chiave per crescere e diventare migliori.

“A Londra non serve l'ombrello. Volevo solo cambiare vita!” di Francesca Sangalli (Giunti Editore)

Un racconto ricco di humour e momenti tragicomici sul coraggio di cercare il proprio posto nel mondo e sulla gioia di riscoprire se stessi. Quando arrivano i temuti quaranta, la protagonista si sente persa da tempo, intrappolata in una routine monotona e frustrante: la difficoltà a conciliare il lavoro da scrittrice freelance e il ruolo di mamma, le mille preoccupazioni di ogni giorno, l'angoscia di invecchiare, la ripetitività delle sue giornate. Ma tutto cambia nel momento in cui il destino le mette davanti una possibilità: perché non lasciarsi alle spalle ogni cosa per alcuni mesi e trasferirsi a Londra? Quando devi organizzare una fuga con marito, figlio e gatta anche un'avventura in una giungla urbana può andare bene. Tra incomprensioni linguistico-culturali, infestazioni di tarme londinesi nella casa scalcagnata a quasi Notting Hill e la morte della regina Elisabetta, l'adattamento nella metropoli non è dei più semplici. Ma le cose cambieranno nel corso dei mesi. Che sia Londra, con la sua varietà infinita di luoghi, persone e avventure, a ridare alla protagonista la spinta per ritrovare se stessa e per scoprire che non t'importa più di aprire l'ombrello quando piove? Il ritratto di una donna alla ricerca del suo posto nel mondo.

“Una locanda rosso lampone” di Amanda Colombo (Garzanti)

Sulle sponde del lago Maggiore una locanda spicca per il colore inusuale della sua facciata. Un rosso talmente caldo che, unito al profumo di lampone che emana, crea un'atmosfera magica. Ad attenderli sulla soglia, gli ospiti trovano Ortensia, cuoca e lettrice famelica, che si esprime solo attraverso citazioni di libri letti e mai dimenticati, presi in prestito dalla biblioteca di Verbania. È il luogo in cui Ortensia ha conosciuto Lidia, ora proprietaria di Rosso Lampone, che con pazienza e cura le ha permesso di evadere da un triste passato familiare. Insieme, sono riuscite a trasformare la locanda nella destinazione perfetta per chi vuole cambiare vita. È quello che Cesare, Pietro e Altea sperano che accada. Qui capiscono che, per costruire ponti con l'altro, è prima necessario imparare a conoscere sé stessi. Cesare, uno scrittore di mezza età, si è innamorato per la prima volta, ma non riesce a comunicarlo. Pietro mette alla prova le sue capacità di padre e di marito. Altea vuole riuscire a fidarsi delle persone, anche quelle dalle quali la madre le direbbe di tenersi lontana. Ortensia e Lidia hanno una sola settimana per aiutarli a lavorare sulle paure che li ostacolano. Una settimana al termine della quale ognuno di loro possa fare spazio in valigia alla versione migliore di sé. E perché questo avvenga, anche Rosso Lampone ha qualcosa da dire ai suoi ospiti: una serie di regole ben precise per abitare le sue stanze, all'apparenza difficili da accettare, ma capaci di svelare quanto prezioso sia il tempo.

 “Madelaine prima dell'alba” di Sandrine Collette (E/O)

Il minuscolo borgo chiamato le Salite è un luogo fuori dal tempo che per le gemelle Ambre e Aelis e per la vecchia Rose costituisce da solo un intero paese. L’esistenza non è mai stata facile da quelle parti. Le famiglie lavorano una terra che appartiene ad altri e sopportano l’ingiustizia stringendo i denti, ma è così da sempre. Fino al giorno in cui appare Madelaine, una bambina affamata e selvatica sbucata dalle foreste. Adottata dagli abitanti delle Salite, Madelaine li incanta tutti con la sua passione, il suo coraggio e la sua vitalità, eppure resta nei suoi occhi una fiammella che un giorno appiccherà fuoco al mondo.

“Di luce e polvere” di Esther Kinsky (Iperborea)

“Mozi” recita l’insegna di un edificio abbandonato in un paesino dell’Ungheria. Significa cinema e cattura lo sguardo della narratrice di questa storia. Straniera in viaggio nella vasta piana ungherese, che appare come una terra incantata di orizzonti infiniti e nostalgia, non resiste all’impulso di comprare il cinema in disuso che è stato un tempo il centro vitale del villaggio. E ricostruendo la storia romantica e leggendaria dell’uomo che lo aprì nel dopoguerra, lo rimette in funzione con l’aiuto di personaggi degni dell’impresa donchisciottesca, come Józsi, l’ex proiezionista ora meccanico di biciclette, e la moglie Ljuba, che di lui si innamorò quando un fulmine interruppe la proiezione del suo film preferito. Così il dimenticato Mozi riprende vita, con un accurato programma d’autore per un pubblico pressoché inesistente, con le foto incorniciate delle stelle del passato e il glorioso diploma vinto a un concorso socialista del 1975, con le pellicole recuperate per i suoi imponenti proiettori novecenteschi e il loro prodigioso fascio di luce. Esther Kinsky intreccia una storia tra realtà e fiaba, ricca di richiami ai grandi maestri del cinema, a un’accorata riflessione su quello che il cinema come luogo fisico è stato per meno di un secolo: una finestra magica che ampliava lo sguardo e accendeva sogni, uno spazio protetto dal mondo che offriva un’esperienza comunitaria condivisa, oggi sostituita dalla privatizzazione delle esperienze.

 “La lista delle cose semplici” di Lucia Renati (Sperling & Kupfer)

Camilla e Sara sono gemelle. La lista delle dieci cose più importanti da fare nella vita l'hanno stilata insieme, a nove anni. Quando Sara, appena undicenne, viene a mancare tragicamente, Camilla si trova a dover crescere senza la sua metà, a ripartire dopo un dolore così grande. Così per anni relega in un angolo di cuore quel tassello di vita che però compare in ogni sua scelta. Cinica e disillusa, ora che è adulta, e impermeabile all'amore di Andrea, il fidanzato devoto, crede che i sentimenti siano sopravvalutati. A scalfire la sua corazza ci provano anche l'amica d'infanzia e collega Tea e i suoi genitori, che convivono con un dolore inimmaginabile senza parlarne mai. Vent'anni dopo la morte di Sara, Camilla ritrova per caso quel decalogo scritto da bambine e il tentativo di metterlo in pratica farà venire a galla un potente segreto di famiglia, che darà risposta alla domanda che da sempre la perseguita: “Perché io sono viva e lei no?”

Alle mamme che amano le storie profonde e un po’ surreali potete donare:

“Il cimitero delle storie non dette” di Julia Alvarez (Bompiani)

Alma è una scrittrice che ha raggiunto il successo negli Stati Uniti, e ora, nella maturità, prende a cuore il destino delle storie a cui non riuscirà a dare forma, perché una vita non basta per tutte le trame che si intercettano o ti intercettano. Il padre lascia a lei e alle sorelle dei possedimenti nella sua isola e patria, Santo Domingo. Alma sceglie per sé un lotto incolto di terra in un barrio non troppo raccomandabile. Lì nascerà il cimitero delle storie non dette, un giardino cinto da alte mura dove un'amica artista crea installazioni per conservare e celebrare ceneri e frammenti di pagine, gli amabili resti di tanti romanzi mai cominciati. Chiunque può suonare il campanello all'ingresso e raccogliere l'invito semplice che vibra nel citofono: Raccontami. Voci che si riaccendono, vite che si dipanano e si riavvolgono nella memoria di chi le ha vissute. Ecco le sorelle Perla e Filomena, divise da Tesoro, un uomo di cui non ci si può fidare; Bienvenida, sposa giovane del Jefe, il dittatore Trujillo, prima innamorato rapace, poi pronto a metterla da parte come una bambola rotta separandola dalla sua bambina; Manuel, medico che lascia la sua isola per ragioni politiche ma ne ritrova i sapori nell'abbraccio di una donna semplice.

 “L'isola della felicità” di Davide Ferrario (Feltrinelli)

In un’isola sperduta nell’Oceano Pacifico la popolazione, che ha sempre vissuto con frugalità di pesca e agricoltura, si ritrova ricchissima grazie allo sfruttamento di un deposito di guano, da cui si ricavano fertilizzanti di pregio. Dall’oggi al domani l’isola diventa uno dei paesi con il reddito pro capite più alto al mondo. Cinquant’anni dopo, l’isola è in miseria e l’unica graduatoria a cui è in testa è quella della popolazione più obesa del pianeta. È uno degli isolani, testimone straniato dell’incredibile storia vera di Nauru, la repubblica più piccola del mondo, a prendere la parola e a raccontarci la traiettoria di un paradiso in Terra a cui basta solo mezzo secolo per conoscere glorie e nefandezze del genere umano. Attingendo a eventi reali, Davide Ferrario costruisce un’esilarante metafora del mondo contemporaneo. Quando il guano si esaurisce, ogni Presidente che si succede al governo dell’isola cerca nuovi espedienti per accumulare ricchezza, imbarcandosi in imprese sempre più surreali e fallimentari: ma drammaticamente vere.

Infine per le mamme che adorano i libri divertenti e che fanno sorridere scegliete:

 “Le parole fanno il solletico” di Daniel Pennac  e Stefano Bartezzaghi (Salani)

 “Buttare un occhio” o “chiudere il becco” sono modi di dire. Non significa ovviamente lanciare globi oculari da una parte all'altra della stanza e sigillare un becco che non abbiamo con chiodi o supercolla. Ma quando sono nati questi modi di dire e da cosa derivano. E poniamo il caso che un giorno si decida di seguirli alla lettera. Lollo, che ha sempre “la testa per aria” dovrebbe recuperarla dal soffitto con una scopa, e quando la zia Frignola si scioglie in lacrime tutta la famiglia dovrebbe accorrere con stracci e scopettoni  ad asciugare quella grande pozza dal pavimento. Tante storie surreali e divertentissime per ridere insieme alla famiglia più buffa del mondo, e per buttare un occhio sui giochi che si possono fare con i modi di dire e la nostra lingua. Il fatto che gli autori di questo libro siano Daniel Pennac e Stefano Bartezzaghi è indice di garanzia e di sorrisi assicurati.  Una lettura divertente per regalarsi qualche momento di spensieratezza.

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