FONTANIVA - Ormai non ci sarebbero più dubbi: Fatos Cenaj, 59 anni, albanese, ex guardia penitenziaria, ucciso l'8 giugno nelle prime ore della mattinata nelle campagne di Fontaniva, non è rimasto vittima di un banale incidente, ma di un vero e proprio agguato.
E' diventata più che concreta l'ipotesi che il cinquantanovenne sia rimasto vittima di una vendetta ad opera di un sicario che è entrato in azione con la massima professionalità, riuscendo a non lasciare sulla scena del crimine alcuna traccia. A cominciare dal proiettile che ha colpito all'orecchio sinistro l'albanese, con foro di uscita all'altezza dell'occhio. Ripetuti sopralluoghi in via Casoni Basse dove si è consumato il dramma non hanno sortito gli effetti sperati. Non è stato trovato alcun bossolo a terra. Questo dettaglio ha una duplice spiegazione: il killer potrebbe averlo recuperato subito dopo l'esecuzione per non dare vantaggi investigativi agli inquirenti, oppure il colpo letale potrebbe essere partito da un revolver che di fatto non lascia traccia. Una cosa è certa: non ha premuto il grilletto uno sprovveduto.
L'IPOTESI
Il potenziale sicario che ha ucciso potrebbe aver studiato per settimane le mosse, le abitudini e i comportamenti di Fatos Cenaj. Quando è entrato in azione ha scelto un punto non coperto da videosorveglianza e soprattutto lontano da occhi indiscreti. Ecco che questo scenario che si prospetta riporta alla malavita albanese che vede ancora oggi, in una sorta di codice non scritto, il concetto di vendetta da concretizzare anche a distanza di anni.
Cosa ha commesso di così grave Cenaj quando lavorava come poliziotto penitenziario nella sua terra d'origine? Cosa ha visto che non doveva vedere? A chi ha messo i bastoni tra le ruote, magari mandando a monte affari illeciti per migliaia di euro? Tutti interrogativi che adesso gli investigatori dell'Arma devono analizzare con la massima precisione per stringere il cerchio attorno all'assassino, ma anche al mandante dell'omicidio. Se fosse acclarata l'esecuzione a scopo di vendetta, è quantomeno concreta l'ipotesi che il killer, a "lavoro" ultimato, sia tornato in fretta e furia in Albania. Tutto questo potrebbe essere avvenuto con il vantaggio sui carabinieri dettato dal decorso dei fatti.
I PRIMI SOCCORSI
In un primo momento infatti il cinquantanovenne è stato soccorso per una fuoriuscita autonoma dopo che è stato trovato accovacciato sul suo triciclo fuori strada. Giunto in ospedale in condizioni disperate, da attente analisi, è spuntato il foro dietro l'orecchio sinistro e il contestuale buco di uscita del bossolo vicino all'occhio. In una frazione di secondo da semplice incidente stradale, l'indagine ha preso una piega ben diversa con gli investigatori dell'Arma che si sono recati in forze a Fontaniva, hanno transennato l'area e hanno iniziato le loro minuziose attività.
Da non trascurare, ma più remota, la strada del delitto legato a problematiche nella sfera privata della vittima. Da quando appreso fino ad oggi a distanza di 50 giorni dal delitto, il cinquantanovenne conduceva con la famiglia una vita tranquilla, nulla che potesse far pensare a situazioni gravi tali da giustificare un'esecuzione di questo tipo. Ad oggi siamo a tutti gli effetti di fronte ad un delitto irrisolto, ma l'attività dell'Arma, con la collaborazione anche delle autorità albanesi, sta andando avanti per trovare un filo conduttore a questa vicenda al momento ancora avvolta nel giallo.