La rabbia dei precari: in duemila
da altre regioni puntano al Veneto

Lunedì 11 Agosto 2014
(archivio)
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VENEZIA - Lottare a denti stretti per un posto da 1150 euro al mese (primo impiego) che arriveranno a 2mila dopo 42 anni di servizio. Sobbarcarsi magari cambi continui di sedi e non poter godere neppure di quel riscatto sociale che un tempo premiava la categoria. In questo momento quello degli insegnanti è un esercito di arrabbiati. Non che negli anni passati non lo siano stati, ma ora che la graduatoria dei precari rischia di essere scalata dai colleghi provenienti da altre regioni, la rabbia diventa un fiume in piena. I numeri sono ancora incerti, a parlare però sono le previsioni: sui circa 24mila professori che in Veneto si trovano nelle graduatorie (ex esaurimento), si calcola che quest’anno almeno 2mila provenienti da altre regioni (prevalentemente dal Sud) potrebbero tentare la scalata.

Motivo di questa inversione, come spiega l’ex senatore della Lega Mario Pittoni "padre" del vecchio emendamento, il cambio di rotta dato al precedente sistema. «Il caos è figlio dello stop a suo tempo imposto dal Quirinale al congelamento delle graduatorie in attesa della riforma del reclutamento, contenuto in un nostro emendamento che aveva già ottenuto il via libera del Senato oltre che della commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama (nulla quindi di “anticostituzionale”). - sottolinea - Ha completato la "frittata" l'accordo del ministro Carrozza con i sindacati per stravolgere un altro provvedimento da noi fortemente voluto: il vincolo di permanenza di 5 anni nella provincia di prima nomina in ruolo, ora ridotto a 3».

E che la situazione sia complessa non lo negano neppure i sindacati che però allargano il tiro: la "mobilità" delle graduatorie alimenta una guerra tra poveri, ma di incongruenze ce ne sono comunque anche altre. Due casi emblematici per spiegarlo. Il professore che nel 2011 chiede la messa in ruolo per aver fatto nel 2007 solo 4 mesi di supplenza. Ed entra in graduatoria nonostante tutto. O ancora la quasi beffa di una graduatoria con una trentina di pretendenti che probabilmente non entreranno mai, perchè l’unico posto disponibile, di gnatologia (scienza che studia gli aspetti anatomico-funzionali della masticazione e viene insegnata agli odontotecnici) è coperto da un docente che ha 56 anni e che quindi prima di 11 anni non andrà in pensione. Qualche maglia larga nei requisiti e pensionamenti troppo lunghi appesantiscono il fardello.

Nereo Marcon, segretario regionale della Cisl Scuola, si lascia andare ad una considerazione: «Stiamo o no illudendo molti professori rispetto ad una immissione in ruolo? Prendo ad esempio la scuola dell’infanzia, che in Veneto non ha una tradizione statale, solo il 30 per cento degli istituti, i colleghi in graduatoria ne avranno per vent’anni prima di entrare. Anche se dal Sud non dovesse arrivare nessuno».

Il punto fermo, come ammette è «che se ci sono i posti si fanno le nomine in ruolo altrimenti non si fanno. E calcolato che tra il 2015 al 2018 il 40 per cento dei professori sarebbe andato in pensione (circa 30mila per il Veneto sugli oltre 75mila di ruolo), con l’innalzamento dell’età pensionabile ora non c’è quasi più posto per nessuno».

La proposta di Pittoni per arginare il problema è ora quella di «Congelare le graduatorie degli insegnanti fino alla riforma del reclutamento su base concretamente meritocratica». Con criteri, quindi diversi, dagli attuali punteggi accumulati. Il timore non detto è infatti che dal Sud arrivino docenti con curricula pesanti legati, si teme, a maniche forse un po’ più larghe. Una accusa che già in passato aveva fatto saltare sulla sedia i docenti del meridione che invece motivavano l’esodo con i tagli all’istruzione e il calo degli studenti nel Mezzogiorno.

«Quello dei curricula non lo può sostenere nessuno - continua Marcon - Certo però possono affermare che 5-6 anni fa, quando ci fu la polemica sugli insegnanti delle categorie protette, noi del sindacato chiedemmo controlli ed in effetti i criteri delle Asl del Nord erano risultati ben più rigidi di quelli delle Asl del Sud e furono trovati insegnanti con una percentuale di invalidità eccessiva».

Mentre la categoria si lecca le ferite e la scuola rischia di vivere un autunno caldo all’orizzonte si profila un altro tzunami: gli stranieri-europei. Volendo, potrebbero venire ad insegnare in Italia (stipendio interessando). E il fronte s’allarga.
Ultimo aggiornamento: 12 Agosto, 08:00

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