PORDENONE - Giro di vite per le aziende in cui si verificano infortuni sul lavoro. Con l'applicazione nei processi celebrati per questi casi del decreto legislativo 231 sulla responsabilità degli enti, le conseguenze, oltre che penali, diventano pesanti anche sotto il profilo amministrativo ed economico.
IL CASO
L'infortunio finito in aula risale al 2021, quando in un'azienda della provincia, un operaio rimane ferito alla mano destra, mentre sta lavorando ad un macchinario per la produzione di componenti in legno. Trasportato subito in ospedale, viene medicato dal personale di emergenza e ne esce con una prognosi di più sessanta giorni. Successivamente, in sede processuale, viene accertata la responsabilità del datore di lavoro, che sceglie la via del patteggiamento. Il processo prosegue, invece, per la parte amministrativa, nei termini in cui la responsabilità è relativa alla violazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro finalizzate al raggiungimento del profitto. L'azienda si è difesa sostenendo, anche presentando una perizia di un consulente tecnico di parte, che il macchinario, utilizzato in due modi differenti, non aumentava la produttività, se non in forma minima e tale comunque da non incidere in maniera significativa sul profitto aziendale, aggiungendo inoltre che era stato già acquistato nella configurazione con cui veniva usato al momento dell'incidente. Inoltre, come assicurato sempre dalla difesa, l'azienda aveva investito in materia di sicurezza verificando il piano di aggiornamento. Il procedimento di primo grado si è chiuso davanti al giudice monocratico Alberto Rossi nelle scorse settimane con la condanna al pagamento di una pena pecuniaria di 16mila euro e la confisca di 41mila euro, ritenuti il maggior profitto ottenuto attraverso la mancata osservanza delle normative sulla sicurezza del macchinario al fine di aumentare la produttività dell'azienda. L'operaio ferito non ha ritenuto, anche in considerazione del livello di gravità delle ferite riportate, di costituirsi parte civile contro l'azienda.
LE CONSEGUENZE
Gli effetti della condanna per questo tipo di reato sono immediate all'atto della sentenza del giudice con la confisca del maggior profitto, ma costituiscono anche un precedente che può avere un enorme peso nel futuro delle aziende in caso di comportamento reiterato da parte delle stesse in termini di sicurezza sul lavoro. Infatti, per chi viene ritenuto responsabile di violazione delle norme in base all'applicazione dei principi previsti dall'articolo 9 del decreto legislativo 231 scattano, in caso di recidiva, una serie di altre conseguenze quali l'interdizione dall'esercizio dell'attività; la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito; il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; l'esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli già concessi; il divieto di pubblicizzare beni o servizi oggetto dell'attività produttiva. Le conseguenze, quindi, non sono solo economiche ma possono pregiudicare l'intera vita delle aziende coinvolte in casi come quello descritto.