Guerra Ucraina, la solitudine di Putin V: «Saremo ancora più forti»

Mercoledì 8 Maggio 2024 di Sara Miglionico
epa11324714 Russian President Vladimir Putin (C) takes part in the parade of the Presidential Regiment on the Kremlin's Cathedral Square after the inauguration ceremony in the Kremlin in Moscow, Russia, 07 May 2024. Putin won the presidential...

Le altissime e pesanti porte dorate del salone di Sant’Andrea nel Gran Palazzo del Cremlino si aprono e compare Vladimir Putin, che è già in movimento e con passo oscillante ma deciso, sguardo basso, il braccio sinistro che si alza e si abbassa ritmicamente, va a giurare per la quinta volta come Presidente della Federazione Russa, fino al 2030 quando potrà comunque essere rieletto.

A 71 anni, ha davanti altri 12 anni di possibile potere assoluto, sempre che non modifichi di nuovo la Costituzione e si incammini verso l’eternità. In fondo, l’ha già cambiata per lambirla.

Il Patriarca Kirill a Putin: «Dio ti aiuti a continuare il servizio che Lui stesso ti ha affidato per il bene del popolo e della Russia»

Trenta colpi di fucile lo hanno accolto al Cremlino nella Piazza della Cattedrale, per la rassegna al Reggimento presidenziale, e nella vicina Cattedrale dell’Annunciazione ha ricevuto la benedizione del suo grande alleato, il Patriarca ortodosso Kirill, che lo ha paragonato a Alessandro Nevskij. Il principe di Novgorod «difese coraggiosamente il suo popolo sul campo di battaglia», nel 1200. Il Medioevo fa l’occhiolino a Putin, che ricambia. La disputa memorabile di Nevskij è quella del Lago Ghiacciato contro i Cavalieri Teutonici. Suoi nemici erano svedesi e finlandesi. Chissà che non sia un ricorso la decisione di Svezia e Finlandia di entrare nella Nato, dopo l’invasione dell’Ucraina e le minacce nucleari di Putin. Mai come l’8 maggio 2024, il “principe” Vladimir appare al suo popolo dagli schermi televisivi, nello scenario luccicante e sfarzoso del salone che in altri tempi ospitava la sala riunioni più grande del Pcus sovietico, come il nuovo Zar. In fondo, uno dei suoi motti più celebri è quello che ha voluto incidere sulla statua dello Zar più amato, Alessandro III, a Yalta nel 2017, nella Crimea occupata e annessa: «La Russia ha due soli alleati: il suo esercito e la sua flotta».

Ma la flotta russa, nel Mar Nero, non ha dato grande prova contro quella ucraina. Rimane l’esercito, che saluta Putin con cerimonie da vecchia Urss e tutti gli orpelli e i simboli di un Impero perduto. In fondo, Putin ha coronato il sogno che aveva confidato in quattro illuminanti ore di intervista a Oliver Stone dopo l’annessione della Crimea, o fa credere di averlo coronato: chiamare a raccolta tutti i russi fuori dalla Russia e offrire al suo popolo il miraggio di un nuovo Impero fondato sulla forza militare e l’immensità del territorio. I primi che saluta sono gli “eroi” che si trovano nelle trincee. «Mi inchino ai nostri soldati che partecipano all’operazione speciale». Poi si rivolge a tutto il popolo russo, rassicurandolo. «Passeremo con dignità attraverso questo lungo periodo di svolta, diventeremo ancora più forti, realizzeremo piani di lungo termine e progetti su larga scala per raggiungere l’obiettivo di uno sviluppo progressivo».

Ma il primo dei suoi obiettivi è «la sicurezza del popolo russo». Il numero dei morti non conta, nella prospettiva temporale della Storia, né i caduti in guerra né i dissidenti sbaragliati o morti. «Il nostro Stato e il sistema sociopolitico devono essere forti e resistere assolutamente a qualsiasi sfida e minaccia, garantire l’unità e l’indipendenza della patria. Siamo una grande nazione unita». Fuori e dentro i confini attuali della Federazione. Nessuna concessione, questa volta, ai discorsi sulla supremazia morale di Mosca sulle capitali europee «degenerate». La campagna per la rielezione è finita. Servire la Russia «per me è un grande onore e un sacro dovere», scandisce con la sua voce secca. «Non rifiutiamo il dialogo con gli Stati occidentali, ma la scelta spetta a loro» che con l’espansione della Nato volevano «accerchiare» la Russia.

Applaudono i 2.500 invitati, lui è a suo agio tra colonne, stucchi, alte uniformi, e la scenografica, studiata rappresentazione del Potere. Mancano gli ambasciatori occidentali, per via del mandato di arresto della Corte penale internazionale (tranne il francese, dicono). Ma c’è l’attore americano Steven Seagal, la star che non poteva mancare.

PREGHIERA IN CHIESA
Una delle ultime immagini di Putin al Cremlino era l’uomo che pregava in solitudine in una delle Chiese, per la Pasqua ortodossa. Altre volte aveva tenuto discorsi tra file di militari in mimetica che come lui guardavano, però muti, le telecamere mentre arringava i connazionali. Se di sosia si tratta, come i servizi segreti ucraini ritengono, dev’essere il sosia di se stesso. Lo sguardo freddo, le labbra serrate, un concentrato di forza in un corpo piccolo che si muove come un robot militare e il carisma della discendenza ideale dallo Zar Alessandro e dal Principe di Novgorod. Senza lance o spade, la bandiera nazionale russa alle spalle, il distintivo presidenziale, una mano sulla Costituzione. Il dito sul grilletto nucleare.

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