Mar Rosso e Libano, ecco perché la rappresaglia iraniana può mettere a rischio i 2300 militari italiani nella regione

Non c'è postazione che sia davvero fuori dalla portata delle armi di Teheran e dei suoi proxies, gli alleati del quadrante, dai ribelli yemeniti Houthi alla formazione libanese Hezbollah

Sabato 13 Aprile 2024
Mar Rosso e Libano, ecco perché la rappresaglia iraniana può mettere a rischio i 2300 militari italiani nella regione

Sotto tiro. Sono ore di tensione e apprensione per i soldati italiani dislocati nelle varie missioni attive in Medio Oriente.

La rappresaglia iraniana contro il raid israeliano che a Damasco ha ucciso alcuni vertici delle Guardie rivoluzionarie, concordano in coro le intelligence occidentali, sta per scattare. Il sequestro per mano dei pasdaràn di una nave cargo portoghese di proprietà israeliana non è che l'inizio.

Ore di tensione

Uno strike aereo da parte iraniana potrebbe avere conseguenze imprevedibili. E potenzialmente mettere a rischio gli oltre 2000 militari italiani di stanza nella Regione. Libano, Iraq, Kuwait. Non c'è postazione che sia davvero fuori dalla portata delle armi di Teheran e dei suoi proxies, gli alleati del quadrante, dai ribelli yemeniti Houthi alla formazione libanese Hezbollah. 

Sono 2300, per la precisione, i militari tricolori presenti nell'area. Schierati al servizio di missioni molto diverse, alcune nazionali, altre nel quadro tracciato da organismi internazionali. Della seconda schiera fanno parte i militari, donne e uomini italiani, schierati all'interno della missione Onu Unifil al confine con il Libano. Sono circa mille i caschi azzurri connazionali e da quando è iniziata la guerra israelo-palestinese sono esposti a pericoli prima sconosciuti, sotto il tiro dei continui lanci di razzi tra Hezbollah e le unità israeliane alla frontiera. L'Italia è il Paese che dà il contributo maggiore alla missione Onu. E a Roma crescono le apprensioni per quello che a tutti gli effetti è diventato il secondo fronte della guerra, con un'escalation continua di attacchi e lanci che spesso ha costretto i militari italiani a scendere nei bunker. 

Le truppe in Medio Oriente

Ma il Libano non è certo l'unico Paese ad ospitare truppe italiane. Di grandissima importanza strategica, per il posizionamento e per le forze in campo, è il contingente in Kuwait, 430 soldati, dove tra l'altro è presente una grande base aerea ritenuta uno scalo chiave anche per gli alleati.

Ebbene, come spiega Repubblica, qui è l'Aeronautica italiana a dare le carte, tra voli di ricognizione per monitorare le mosse dei miliziani Isis nell'area e la deterrenza garantita da quattro cacciabombardieri Tornado. Incidenti significativi, per le donne e gli uomini di servizio in questo Paese, non se ne contano negli ultimi anni. Anche se la prossimità geografica del Kuwait alle coste iraniane rendono anche questo contingente un possibile obiettivo delle numerosissime armi in mano ai Guardiani della rivoluzione e i loro alleati nella Regione.

Le missioni navali

Alta allerta, va da sé, altresì per le forze italiane schierate nei "mari caldi" della crisi mediorientale, ovvero tra il Mar Rosso, lo Stretto di Hormuz e di Bab el Mandeb. Qui opera da due mesi la missione europea Aspides, di cui l'Italia ha il comando tattico. Navi posizionate alla giuntura delle affollatissime rotte commerciali dirette nel Mediterraneo per garantire il passaggio sicuro delle navi cargo minacciate dagli Houthi. Oltre ad Aspides, l'Italia ha il comando operativo di altre due delicate missioni, potenzialmente nel mirino di una rappresaglia iraniana su larga scala: la Prosperity Guardian, a cui partecipa un'ampia coalizione internazionale, e la missione anti-pirateria al largo delle coste somale Atalanta.

Ultimo aggiornamento: 14 Aprile, 08:45 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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